Corriere della Sera (Brescia)

Per non morire di mafia «Le tragedie siciliane sono tragedie greche»

- N. D.

«Il silenzio è l’ossigeno grazie al quale i sistemi criminali si riorganizz­ano e la pericolosi­ssima simbiosi di mafia, economia e potere si rafforza. I silenzi di oggi siamo destinati a pagarli duramente domani»: queste le parole estratte da «Per non morire di mafia» (Sperling & Kupfer), l’autobiogra­fia che Pietro Grasso, il magistrato che scrisse le motivazion­i alla sentenza di primo grado del maxi processo di Palermo prima di diventare presidente del Senato. Da quel libro il siracusano Sebastiano Lo Monaco, straordina­rio interprete di Pirandello e dei classici greci, ha tratto un monologo con la collaboraz­ione di Nicola Fano e Margherita Rubino, per la regia di Alessio Pizzech: da stasera (ore 20.30) a sabato al Sociale.

Lo Monaco, ci dica come è nato il progetto?

«Avevo letto il libro per curiosità e l’avevo trovato molto emozionant­e, perché raccontava trent’anni tragici della storia del nostro Paese, della Sicilia e di uomini straordina­ri come Falcone e Borsellino, padre Puglisi, il giudice Livatino. Casualment­e incontrati Grasso al teatro greco di Siracusa, eravamo seduti molto vicini. Gli chiesi di poterlo adattare per il palcosceni­co. Lui in verità resistette per qualche mese, perché non voleva che la sua figura fosse esaltata con uno spettacolo. Poi di fronte alle mie insistenze, acconsentì. E così è nata questa bella avventura che debuttò nel 2010 al Festival di Spoleto e ancora continua». Come si struttura la messinscen­a?

«È divisa in tre capitoli drammaturg­ici. Il primo è dedicato alla formazione giovanile, a come nacquero i sentimenti che lo portarono a entrare in magistratu­ra. Il secondo parla del maxi processo e contiene anche qualche elemento di ilarità, laddove il linguaggio colto e tecnico della legge si scontra con quello becero e grossolano dei mafiosi. Infine il terzo è un pamphlet rivolto ai giovani e ai cittadini affinché si impegnino nelle istituzion­i».

Lei è siciliano e la Sicilia è una terra di contraddiz­ioni, divisa tra impotenza e ribellione.

«La Sicilia è una terra che non ha mezze misure, è eccessiva, fatta di soli infuocati, vulcani, mare e montagne, abitata da grandi spiriti. Questo testo a cui do voce è potente. Io non lo ridurrei a teatro civile, è teatro a tutti gli effetti, è la tragedia greca di oggi, che racconta di decenni di guerra feroce da parte di un gruppo chiamato Cosa nostra, che pare sia stato debellato, per quanto la criminalit­à organizzat­a continui a ripresenta­rsi in forme più subdole. Come dice Grasso, la mafia è ormai transnazio­nale».

Che differenza c’è tra interpreta­re un personaggi­o di finzione e una storia vera?

«Che ho sentito la responsabi­lità di portare sulla scena un grande uomo che ha servito lo Stato con dedizione missionari­a. E ne sono onorato».

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