La sfida di Nadia «Cerco il podio con i bastoni di Elena»
Al via i Giochi invernali a PyeongChang La Fanchini parte oggi e non si nasconde: «Esserci è un’impresa dopo gli infortuni, ma non basta: il mio obiettivo è il podio. Scio con il cuore. E con i bastoni di Elena»
Simbolo azzurro per il presidente Malagò. Leonessa per meriti acquisiti, non solo per provenienza geografica, dopo nove operazioni chirurgiche. E unica rappresentante, a PyeongChang, di una città e di una famiglia cresciuta a pane e scioline: la sveglia è già pronta, le gare saranno nella notte italiana (esordio sabato 17 in SuperG), ma anche un’Olimpiade può passare in secondo piano di fronte alla sfida parallela, inaspettata, che sta combattendo la sorella Elena. Nadia Fanchini ha messo tutto nella valigia, oggi parte per la sua terza Olimpiade. Arriverà a cerimonia conclusa, ha guadagnato la convocazione dopo una rincorsa infinita. Eppure non è mai stata così determinata.
Nadia, il 28 giugno era in ospedale dopo la seconda operazione all’omero. La sua Olimpiade l’ha già vinta?
«Era dura pensare di qualificarsi, la concorrenza era folta. Esserci è un traguardo, ma il mio obiettivo è un altro». Punta alla medaglia? «Ogni atleta deve farlo, ai Giochi puoi sempre pescare il jolly se trovi la giornata giusta. A me accadde nel 2013 ai Mondiali di Schladming, arrivai seconda in discesa grazie al pettorale basso. Anche stavolta spero si incastri tutto». Che ingredienti le servono? «Spero che la pista sia bella, dura e difficile. Non la conosco, perché l’anno scorso ero infortunata durante le gare di Coppa del Mondo a PyeongChang. Parto ad handicap, però ci sono abituata: convivo da sempre con i miei acciacchi, sto facendo tanta fatica». Ma...
«Ho sognato i Giochi tutti i giorni, durante la riabilitazione. Mi ha dato una grande forza, ci tenevo troppo ad esserci e adesso me la gioco. Voglio sciare con il cuore».
Sente di essere in missione anche per Elena?
«La porto con me, da Bad Kleinkirchheim (quando arrivò terza, nei giorni in cui venne scoperto il tumore alla sorella, ndr) uso i suoi bastoncini. Certo, proprio ora inizia un periodo di terapia tosto a casa. Ma provo a essere forte anche per lei, a Elena dà fastidio che io possa pensarla distraendomi dalle gare».
Come può spiegare la magia dello spirito olimpico?
«Non si spiega, va vissuta. L’Olimpiade è un’emozione indescrivibile e continua, non esistono paragoni».
Se le dico Torino 2006? «Bellissima. La affrontai con l’incoscienza di una diciannovenne. Ero in testa al gigante fino a metà prima manche, poi finii ottava...». Vancouver 2010?
«Mi infortunai nell’ultima gara prima della partenza per il Canada. Il rimpianto più grande della mia carriera». Più di Sochi 2014?
«Sì, persi la medaglia in gigante per 11 centesimi ma sciai al meglio. Ora punto su discesa e SuperG, ho imparato a dosare le mie energie». In cosa si sente maturata? «So che è inutile fasciarsi la testa prima del tempo, l’ansia mi ha divorato in passato e stavolta non farà scherzi. Del resto — sorride — non ho niente da perdere. Le favorite sono Vonn e Goggia...». Consigli dalla Corea?
«Fa freddissimo e c’è umidità. Così ho preso delle scarpe con il riscaldamento, è stata l’ultima cosa che ho messo in valigia».
Buon viaggio, Nadia.