Più elettori che abitanti Carbonara e Borgofranco lo strano referendum
Voto sulla fusione, un residente su quattro vive all’estero
MANTOVA Se non fosse per il cartello con il nome del paese, si farebbe fatica a capire dove finisce Carbonara di Po e dove comincia Borgofranco sul Po. Un pugno di case in riva al fiume e poco più di 2 mila abitanti in tutto che domenica, con un referendum, dovranno decidere se unirsi. In un unico comune che potrà chiamarsi Borgocarbonara, Eridano o Padus. Anche questo lo decideranno i votanti. Che, curiosità, potrebbero arrivare da molto lontano: dei duemila iscritti alle liste elettorali dei due Comuni, circa 500, un quarto del totale, sono, infatti, residenti all’estero.
Da questi luoghi emigrarono in tanti a fine ‘800 e, in seguito, negli anni Cinquanta e Sessanta. Partivano da Carbonara, Borgofranco, Ostiglia, Magnacavallo e dai paesi vicini alla volta del Piemonte o delle altre province lombarde più ricche, oppure si imbarcavano per l’America del Sud (soprattutto Brasile e Argentina) o l’Australia. L’emigrazione, in quest’area della provincia mantovana che confina con Emilia e Veneto, ha più che dimezzato gli abitanti. Tanto che Magnacavallo, si proclama orgogliosa, come
Domenica La consultazione sull’accorpamento dei due comuni del Mantovano
recita la scritta sul monumento della piazza centrale, «Capitale morale dell’emigrazione», sede di un museo dell’Emigrante e di una festa che si svolge ogni anno l’8 settembre.
Non c’è cittadino di queste parti — si dice qui — che non abbia un parente, un antenato o almeno un caro amico dall’altra parte del mondo. Persone che con la terra in cui sono nati, o i loro avi, hanno mantenuto un legame profondo. Molti hanno chiesto e ottenuto la cittadinanza italiana. Ecco perché a Borgofranco ci sono 890 elettori e soltanto 760 abitanti, e Carbonara il numero quasi coincide (1.129 elettori e 1.260 residenti). L’80% di questi votanti con doppia cittadinanza sono stati raggiunti da una lettera del Comune in Brasile, ma molti di loro vivono anche in Argentina, Messico, Australia e c’è chi si è trasferito in Canada, Regno Unito, persino Patagonia. Che dalla Terra del Fuoco qualcuno si muova per venire a votare una fusione è molto improbabile, ma qualche sorpresa potrebbe esserci. «C’è un forte attaccamento alle origini da parte di molti emigrati — racconta Lisetta Superbi, sindaco di Carbonara —. Spesso ritornano e rimangono in contatto con parenti anche lontani che vivono ancora qui. E la tecnologia, vedi Facebook, sta aiutando molto a mantenere vivi questi rapporti».
Il referendum di domenica, per dare il via alla fusione dovrà vedere vincere il «Sì» in