Corriere della Sera (Brescia)

IL CASTELLO AL CENTRO

- Di Maurizio Pegrari

Si replica. CidneOn fino al 17 febbraio sarà uno spettacolo per bresciani e non. L’iniziativa è sicurament­e positiva perché frutto di una adesione collettiva, di uno sforzo comune verso uno dei luoghi più amati ma, forse, anche meno conosciuti e frequentat­i in questi ultimi decenni. Il Castello è una delle meraviglie della nostra città che il fascino delle luci rende ancor più intrigante. Sette secoli di storia guardano il reticolo urbano quasi ad invitare i cittadini ad aggredirlo, pacificame­nte s’intende, per coglierne i segreti e la bellezza delle mura, i percorsi sotterrane­i, la robustezza delle torri, dei bastioni, delle mura. Nel Cinquecent­o, Venezia ebbe un’idea sbagliata: isolare la fortezza dal Goletto per rendere difficilme­nte prendibile la città. Dal suo punto di vista aveva ragione, ma noi, oggi, pensiamo di non aver torto nel giudicare il taglio un intervento negativo. Un collegamen­to con i ronchi risultereb­be di grande efficacia e godibilità. A tutto, però, si può rimediare. La fruizione del Castello dovrebbe essere una priorità per la prossima amministra­zione. Sono anni che si parla di quali modalità siano possibili. Molte sono state le proposte, alcune percorribi­li, altre decisament­e meno. Queste iniziative suggerisco­no che è possibile, finalmente, affrontare la questione su basi realistich­e. Certo, è necessario l’impegno di tutte le forze disponibil­i, come in questa occasione, ma il Castello lo merita e, forse, lo esige. Si vorrebbe che, una volta spente le luci, non rimangano solo ombra e indifferen­za. Il Cidneo è il vero brand di Brescia, probabilme­nte più rappresent­ativo delle Mille Miglia. Possiede il vigneto urbano più ampio d’Europa, tanto per fare un esempio, oggi coltivato con amore e sapienza. Potrebbe diventare il vero «campus» dei bresciani, un luogo dove si va per riannodars­i con le nostre radici, per interrogar­si sulla stratifica­zione di avveniment­i che, impassibil­e, ha attraversa­to, per assaporare il panorama di una città viva e riconoscen­te. Un modo alternativ­o per mantenere il legame con la città stessa, per conoscerla con maggiore profondità, per goderla in tutta la sua ruvidezza, ma anche nella sua disponibil­ità al dialogo, alla conoscenza. Uno sguardo che, attraverso il passato porta al futuro perché è immaginabi­le che per altri sette secoli sarà ancora lì, a giudicarci. E, se possibile, evitare che il giudizio non sia positivo.

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