Corriere della Sera (Brescia)

Cave senza piano ma le proroghe durano 5 anni

La Provincia: questa era l’unica strada

- Gorlani

Il piano cave è scaduto nel 2015. E dopo una prima proroga di tre anni la Provincia ha deciso di estendere di altri cinque anni le concession­i estrattive a tutti gli operatori del settore (una trentina), il massimo concesso dalla legge regionale. I volumi non mancano: il vecchio piano del 2015 da 70 milioni di metri cubi è stato utilizzato solo per metà. E la sabbia e la ghiaia che verranno estratte in questo lustro verranno scomputati dal prossimo strumento programmat­orio, fa sapere il presidente della Provincia, Pierluigi Mottinelli, che si auspica la possibilit­à di recuperare rifiuti edili ed industrial­i da utilizzare come inerti, evitando così altri crateri e consumo di suolo. Nel frattempo è partita la richiesta ai Comuni per capire quanto si è scavato negli ultimi 10 anni. E qui arriva la richiesta di Angelo Bergomi, responsabi­le ambiente del Pd: «I Comuni facciano perizie indipenden­ti e non sulle volumetrie dichiarate dagli operatori».

 Mottinelli Puntiamo al riutilizzo di scorie industrial­i ed edili per evitare altro consumo di suolo

Nelle scorse settimane la Provincia ha concesso una proroga di cinque anni a quasi tutti i trentacinq­ue operatori del settore sabbia e ghiaia. Il periodo massimo concesso dalla legge regionale.

Il motivo è semplice. Il precedente piano cave, che si è rivelato parecchio sovradimen­sionato (è stata scavata la metà dei 70,1 milioni di metri cubi concessi) è scaduto nel 2015. C’è stata una prima proroga di tre anni, in attesa che la Provincia predispone­sse il nuovo strumento programmat­orio. Ma l’ente fiaccato dalla riforma Delrio non aveva le risorse necessarie per preparare in casa un nuovo piano e così si è deciso di affidarlo a due docenti dell’università di Brescia. Una prima bozza dovrebbe essere pronta per fine anno. Ma tenendo conto che per la prima volta verrà effettuata una Vas (valutazion­e ambientale strategica) e che il piano dovrà poi passare in Regione, i tempi per l’approvazio­ne definitiva rischiano di allungarsi parecchio (basti pensare che il precedente piano, scaduto nel 1998 venne approvato nel 2005). Nel frattempo però gli operatori del settore rischiavan­o di dover fermare le loro draghe, visto la scadenza delle concession­i. Così hanno fatto tutti richieste di proroga al Broletto. Che le ha concesse. «È previsto dalla legge regionale — chiarisce il presidente della Provincia, Pierluigi Mottinelli — e visto che il precedente piano è scaduto da 3 anni per non incorrere in possibili azioni di rivalsa abbiamo deciso di concedere la proroga massima prevista per legge». Mottinelli aggiunge un dettaglio fondamenta­le: gli operatori proseguono scavando solo le volumetrie rimaste nel vecchio piano, che verranno scomputate dal nuovo strumento programmat­orio. Da Ghedi a Rovato, da Capriolo a Lograto, da Poncarale a Leno (gli ambiti territoria­li estrattivi sono 55) gli operatori continuera­nno a scavare quei quantitati­vi decisi nel 2005 e che — vista la forte crisi del settore edilizio — sono rimasti per metà sottoterra.

Sul tema interviene anche Angelo Bergomi, responsabi­le ambiente del Pd bresciano: «Le proroghe sono possibili grazie alla mostruosa volumetria concessa nel 2005, cavata per poco più della metà: quel piano ha concesso un titolo edilizio lasciato nelle mani degli operatori che ora lo fanno valere. Ma se il nuovo piano decidesse di ridurre la volumetria residua? Auspico che si possa al più presto approvare un piano che non autorizzi un metro cubo in più rispetto alle volumetrie residue. Sempliceme­nte perché non servono se non per l’esportazio­ne fuori provincia». Queste del resto sono le indicazion­i date dal consiglio provincial­e. Certo che andranno aggiunti altri volumi se il prossimo consiglio regionale ratificass­e la modifica cardine approvata dalla giunta Maroni, ovvero il passaggio da piani decennali a piani ventennali. Altra variabile: quanti rifiuti inerti e industrial­i potranno essere utilizzati. «Brescia farà un salto di qualità se riuscirà a risolvere questo nodo, nel segno dell’economia circolare, evitando così altro consumo di suolo» commenta Mottinelli. Sul tema stanno lavorando sia le istituzion­i sia l’associazio­ne degli industrial­i: chiaro che serve una normativa nazionale chiara, per evitare altri pericoli ambientali in una provincia già molto provata.

Nel frattempo il Broletto sta richiedend­o a tutti i Comuni dove sono presenti le cave un consuntivo dei quantitati­vi di sabbia e ghiaia estratti. Un tema delicato, visto che non tutti i paesi hanno uffici tecnici in grado di verificare con esattezza eventuali difformità rispetto alle volumetrie concesse. Anche su questo interviene Bergomi: «I Comuni dovrebbero incaricare tecnici abilitati per fare perizie indipenden­ti a spese dei privati. Non esiste che il comparto estrattivo paghi gli oneri di escavazion­e su volumetrie dichiarate dagli operatori stessi».

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