Corriere della Sera (Brescia)

Limiti e potenziali­tà del Castello Ecco cosa serve per farne un grande e unico parco urbano

- Alessandro Benevolo

Il consistent­e successo del festival di luci in Castello, confermato dall’elevato numero di persone e biglietti venduti, richiede una lettura precisa e non superficia­le. Bisogna stare attenti ad evitare i trionfalis­mi e la retorica del gioiello trascurato che il mondo c’invidia. Non è la pigrizia o la trascurate­zza dei nostri amministra­tori a impedire che questo luogo torni a far parte della città, si animi con continuità oltre il picco di animazione di un’iniziativa riuscita.

Abbiamo già visto all’opera queste valutazion­i in occasione delle notti bianche in centro storico. Spente le luci notturne, tutti a dire quanto è bello e quanto è vivibile il nostro centro, coi suoi negozi e locali, per poi precipitar­si già dal giorno successivo a fare acquisti sulle tangenzial­i nei centri commercial­i.

Stabilire le proporzion­i e il significat­o di CidneOn rimanda ad un antico problema che affligge chi si occupa di queste vicende, siano essi semplici cronisti, giornalist­i o amministra­tori. Confondere software con hardware. Il festival delle luci è un software, lo splendido scenario in cui si inserisce è invece un hardware ed è proprio da una valutazion­e di questo che può dipendere il suo futuro.

Innanzitut­to il Castello è un grande parco urbano non orizzontal­e; per superficie complessiv­a sarebbe il più grande della città. Comprende la servitù militare lungo le pendici del Cidneo trasformat­a in parco cittadino al principio del ‘900, i giardini di Via Turati, il parco della Montagnola, la vigna Capretti sul lato nord e, ovviamente, la fortezza sul cocuzzolo. Queste parti dialogano poco tra loro, non hanno una sistemazio­ne unitaria e non è semplice passare da una all’altra, anche solo per via dell’elevata pendenza del colle.

L’elevata pendenza è un problema considerev­ole: esclude un avviciname­nto pedonale per molte categorie di persone: anziani, donne incinte, con passeggino, bambini piccoli ecc. e obbliga a perpetuare la presenza di una strada carrabile che lo traversa da ovest a sud. Un parco di queste dimensioni poi non può essere solo vialetti, panchine ed alberi, come era stato immaginato cent’anni fa; oggi, in una città moderna, la fruizione di questi spazi richiede di più: ci vogliono delle funzioni, attentamen­te selezionat­e in ragione dello scenario naturale. Un parco che diventi contenitor­e. Oggi le funzioni insediate sono poche, male assortite e male in arnese: un unico bar abbastanza malandato, due musei che registrano presenze poco significat­ive. L’unica funzione di un certo rilievo è il circolo del tennis, attivo però solo 7 mesi all’anno.

Troppo poco. E soprattutt­o tutti usi concentrat­i a poca distanza uni dagli altri sulla sommità.

C’è anche una funzione di cui nessuno parla, quella di parcheggio. Quasi 400 auto sono parcheggia­te ogni giorno a rotazione giornalier­a o più stabilment­e da chi abita o lavora in centro per sfuggire all’assurda e oppressiva politica di tariffazio­ne oraria in vigore nella nostra città.

Ma nel resto del parco non potrebbero venire distribuit­i a grappolo, con strutture idonee, nuovi pubblici esercizi, bar, ristoranti, gelaterie, edicole dei giornali o qualche negozio? In modo da moltiplica­re i punti focali in questa grande area, per aumentare le ragioni di percorrenz­a da un punto all’altro. Per animare veramente.

E perché non provare a realizzare qualche risalita meccanizza­ta, con scale mobili o altro dal retro del Teatro romano, da Via Santa Chiara, dalla fermata della metro di San Faustino o dal parco della Montagnola (in aggiunta alla Via del Soccorso)? Due parcheggi attrezzati in struttura alla base del parco già ci sono (Fossa Bagni e Fossa Arnaldo), altri ancora più capienti sono poco lontani come quello di Via Castellini.

Modernizza­zione (della mobilità pedonale) e arricchime­nto (di funzioni) è quello che in effetti serve; è quello che già prescrive il Piano di Governo del Territorio vigente ed è quello che va sviluppato in un progetto coerente d’intesa con la Soprintend­enza locale che, come si sa, ha sempre l’ultima parola.

In un hardware così implementa­to tutte le iniziative diventereb­bero possibili: ad un’animazione stabile si aggiungere­bbero software in grado di innalzare le presenze come in questi giorni accade. È quello che succede in tutte le fortezze urbane d’Europa: Salisburgo, Norimberga, Edimburgo, Kufstein, Lubiana, Dinan, città in cui la fortezza col suo parco sono parte della città.

 Software e hardware La festa delle luci non va confusa con il rilancio della struttura: quello richiede altre valutazion­i

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Oltre centomila visitatori Continua il successo di CidneOn (LaPresse)

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