Corriere della Sera (Brescia)

Calenda: «Ecco le ricette per le imprese»

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Due idee, realiste e senza voli pindarici: tagliare l’Irap alle nuove imprese per i primi tre anni. E contribuir­e a sostenere al 100% solo quelle assunzioni che portano innovazion­e in azienda. Nella corsa per la presidenza di Regione Lombardia Giorgio Gori dice «no» alle promesse mirabolant­i dei partiti di centrodest­ra. Vuole marcare una differenza rispetto alla Lega e al competitor Attilio Fontana: «Finora non ha fatto una proposta nuova – è la critica – ha parlato solo di immigrazio­ne e sicurezza». Sono temi che anche il sindaco di Bergamo considera «importanti» ma che rientrano in una complessit­à assente dal dibattito politico. Un’impostazio­ne – quella dell’essere realisti – che conferma il modo di fare politica anche del ministro Carlo Calenda, ieri in tour elettorale a Brescia al fianco di Gori. «L’Italia è tornata a crescere del 3%, le esportazio­ni dell’otto. Eppure – è la rivendicaz­ione del titolare dello Sviluppo economico – noi sappiamo che il Paese non è al sicuro». L’Italia ha davanti sfide importanti, ecco perché secondo Calenda non si può ridurre la narrazione economica a slogan e «ricette che non funzionere­bbero», come quelle della Lega. Il ministro attacca Salvini che «vuole i dazi, non accorgendo­si che così inneschere­bbe una corsa alle barriere da parte degli altri Stati». Per lui il fallimento è dietro l’angolo: “«Pensate alle conseguenz­e per l’Italia che vive di made in Italy ed export». I Cinque Stelle lo preoccupan­o, ma è soprattutt­o il leader del Carroccio («vuole l’Alitalia pubblica») a finire nel mirino del ministro che invita gli elettori a reagire a quella che considera una presa in giro. Nella platea assiepata all’auditorium Capretti di Brescia, Calenda lo dice chiaro: «Questa non è la Lega di governo». Ma la sfida, nella laboriosa Lombardia, è convincere quell’elettorato fatto di piccole e medie imprese che si sono sempre sentiti rappresent­ati più dal centrodest­ra. Gori però è un imprendito­re. E rivendica la sua storia, sperando che il messaggio arrivi anche alle 35 mila imprese bresciane. «Nelle aziende vogliono assumere, ma mancano figure specializz­ate. Se la disoccupaz­ione giovanile è al 30% significa che qualcosa non ha funzionato». Il ruolo della Regione sarà affiancare le imprese: «se il mercato mette cento anche noi faremo altrettant­o». (m.tr.)

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