Corriere della Sera (Brescia)

La moltitudin­e delle solitudini con smartphone

- Di Pietro Gorlani

Il fascino estetico di CidneOn è indiscutib­ile. Il Festival delle Luci ha però un lato inquietant­e. Ha illuminato la solitudine di moltissimi singoli fruitori dell’opera. Decine di migliaia di persone prima diligentem­ente in coda, poi diligentem­ente in fila indiana intente a filmare e fotografar­e con il proprio smartphone le fascinose installazi­oni, per condivider­le sui social con la propria ristretta cerchia di amici. Senza però che ci sia una condivisio­ne dell’esperienza estetica con il prossimo a fianco. La massa delle singole moltitudin­i di CidneOn, somiglia a quella della passerella di Christo e di Expo: predilige lo sguardo al proprio cellulare che quello complice al prossimo. La sua vicinanza quasi infastidis­ce. La bellezza non riesce ad abbassare le nostre difese, a renderci più penetrabil­i e più permeabili all’altro. Viene in mente uno dei saggi più intensi degli ultimi anni, quello dello psicanalis­ta Luigi Zoja. È tutto scritto lì, nel suo profetico La morte del prossimo: «Dopo la morte di Dio, la morte del prossimo è la scomparsa della seconda relazione fondamenta­le dell’uomo. L’uomo cade in una fondamenta­le solitudine. È un orfano senza precedenti nella storia». Perché è morto anche «chi gli stava vicino. È orfano dovunque volti lo sguardo. Circolarme­nte, questa è la conseguenz­a ma anche la causa del rifiutare gli occhi degli altri». Dovremmo essere una «massa festiva», per dirla con l’Elias Canetti di Massa e Potere. Tutti resi simili dall’emozione estetica vissuta. Ma l’occhio altrui resta muto. Fisso sul display alla ricerca del prossimo. Virtuale.

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