La moltitudine delle solitudini con smartphone
Il fascino estetico di CidneOn è indiscutibile. Il Festival delle Luci ha però un lato inquietante. Ha illuminato la solitudine di moltissimi singoli fruitori dell’opera. Decine di migliaia di persone prima diligentemente in coda, poi diligentemente in fila indiana intente a filmare e fotografare con il proprio smartphone le fascinose installazioni, per condividerle sui social con la propria ristretta cerchia di amici. Senza però che ci sia una condivisione dell’esperienza estetica con il prossimo a fianco. La massa delle singole moltitudini di CidneOn, somiglia a quella della passerella di Christo e di Expo: predilige lo sguardo al proprio cellulare che quello complice al prossimo. La sua vicinanza quasi infastidisce. La bellezza non riesce ad abbassare le nostre difese, a renderci più penetrabili e più permeabili all’altro. Viene in mente uno dei saggi più intensi degli ultimi anni, quello dello psicanalista Luigi Zoja. È tutto scritto lì, nel suo profetico La morte del prossimo: «Dopo la morte di Dio, la morte del prossimo è la scomparsa della seconda relazione fondamentale dell’uomo. L’uomo cade in una fondamentale solitudine. È un orfano senza precedenti nella storia». Perché è morto anche «chi gli stava vicino. È orfano dovunque volti lo sguardo. Circolarmente, questa è la conseguenza ma anche la causa del rifiutare gli occhi degli altri». Dovremmo essere una «massa festiva», per dirla con l’Elias Canetti di Massa e Potere. Tutti resi simili dall’emozione estetica vissuta. Ma l’occhio altrui resta muto. Fisso sul display alla ricerca del prossimo. Virtuale.