Bisinella: troppi cortigiani in lista a Brescia io avrei fatto le primarie Ora il partito ritrovi la sua unità
Pietro Bisinella, in segno di protesta per la composizione delle liste alle politiche aveva annunciato di lasciare la presidenza dell’assemblea del Pd.
«Io volevo le primarie. Se fossi stato ancora segretario provinciale le avrei fatte anche andando contro la direzione nazionale. Avremmo evitato il meccanismo delle raccomandazioni e dei cortigiani. C’è già un partito che dipende dal proprio “sovrano”, non voglio lo diventi anche il mio. La segreteria bresciana ha mandato a Roma trenta nomi del territorio. Invece sono arrivati i catapultati (Mara Mucci sul collegio di Palazzolo, Simona Malpezzi e Antonio Misiani al Senato, ndr) a circa un mese dal voto. Se avessimo individuato i candidati sei mesi fa ci sarebbe stato il tempo di andare sul territorio, spiegare le tante cose buone che ha fatto il governo. Si sarebbe innescato un meccanismo virtuoso, si potevano avere più voti. Sa qual è il problema?
Dica...
«Lo stato della democrazia interna di un partito dice del suo stato di salute. Su Brescia, e non solo, non sono state fatte scelte democratiche».
Individua colpe nella segreteria provinciale, a partire da Orlando?
«Non accuso Orlando, ha fatto tutto quello che poteva. Ma certo è che Brescia doveva fare sentire più forte la sua voce a Roma, visto che non abbiamo nessuno nella direzione nazionale».
Si era fatto il suo nome per l’uninominale al collegio di Romano di Lombardia, dove il 55% degli elettori è bresciano. Alla fine l’ha spuntata un bergamasco.
«È stato un suicidio collettivo. Nessuno dei nostri depu- tati è venuto in direzione a spiegarci le scelte fatte su questo collegio».
Però le dimissioni non le presenterà...
«Mi sono confrontato con molti militanti e l’input è quello di non mollare. Io sono del Pd e sarò sempre del Pd, perché è il mio partito. Sono di quella generazione che sceglie di stare sulla barca anche se sta affondando. Ma dobbiamo tornare alla militanza diffusa, alla presenza sul territorio, spiegando come l’abbiamo difeso. Ricordiamoci che eravamo noi del Pd alle biciclettate contro cave e discariche, mega macelli e maxi centri commerciali, i 5 Stelle non c’erano ancora. Ma soprattutto al partito serve rispetto delle diverse sensibilità (lei le chiami correnti se vuole). Solo così il partito può stare insieme. Lo devono capire anche i vertici nazionali. Dopo il 5 marzo dobbiamo tutti lavorare in questa direzione. Ma si deve valutare anche un radicale rinnovamento dei vertici».
Dalle politiche si aspetta un risultato disastroso, dalle regionali?
«Io mi auguro un risultato stratosferico del Pd anche alle politiche. Che gli elettori possano capire le tante cose buone fatte in questa legislatura, in tema di diritti ma anche di immigrazione. Ma sono molto preoccupato. Ho paura che la gente non creda più nel sistema di tenuta democratica, precondizione per andare verso momenti oscuri. Dove non governa la politica governano le armi o gli interessi. Confido invece nella vittoria di Gori alle Regionali: è l’ultimo baluardo per far cadere un sistema di potere che si incardina da anni in regione Lombardia e che non ha confini limpidi. Mi spiace per la scelta di Liberi e Uguali di non appoggiare Gori, scelta totalmente incomprensibile».
Il prossimo congresso provinciale del Pd si terrà dopo le votazioni in Loggia. Si rimette in corsa?
«Le scelte vanno fatte insieme alle persone con le quali si fanno dei percorsi. Ma credo fortemente che servano figure nuove».