Omicidio della badante Arrestato l’ex convivente
Giustiziata con un colpo di pistola alla nuca. Trascinata sulla spiaggia e gettata nel Po, sperando che il fiume facesse sparire le tracce dell’omicidio. È morta così Kruja Lavdije, per tutti «Dea»: freddata dall’ex amante Franco Vignati, 64 anni, pensionato con un passato da consigliere comunale e assessore alla cultura della Lega Nord di Chignolo Po. Kruja, quarantenne madre di due figli, benvoluta dalla comunità di Miradolo Terme dove faceva la badante e la volontaria in oratorio, lo aveva lasciato e lui era impazzito. La soluzione al caso «Dea» — scomparsa il 30 maggio 2016 da Miradolo e ritrovata cadavere nove giorni dopo nel Po sulla riva dell’Isola Serafini — è arrivata alle 17.30 di venerdì a quasi due anni dal delitto, quando i carabinieri della compagnia di Stradella hanno prelevato dalla sua abitazione Franco Vignati per portarlo in carcere a Lodi con l’accusa di omicidio volontario, premeditato e aggravato. Secondo gli elementi raccolti dai carabinieri e dalla procura di Lodi — ovvero tabulati telefonici, telecamere, testimonianze e riscontri balistici — Vignati aveva pianificato l’omicidio quattro giorni prima, quando si era recato nella casa dell’ex moglie (è divorziato) per prelevare la sua pistola calibro 7,62. Arma che poi avrebbe riconsegnato all’ex consorte alle 12 del 30 maggio, subito dopo aver ucciso l’ex convivente. Questa, per gli inquirenti, è stata la prova decisiva: Vignati era stato scaricato dalla badante il 24 maggio, dopo un anno e mezzo di relazione. E aveva deciso di ucciderla. Il 30 maggio, con la scusa di volerla presentare a un amico per lavoro, l’aveva attirata a San Colombano al Lambro. In auto erano arrivati fino a Orio Litta, nella Bassa Lodigiana, per un caffè e una chiacchierata in riva al Po. Mentre lei gli voltava le spalle lui le aveva sparato un solo colpo mortale alla nuca, sbarazzandosi poi del corpo nel fiume. Una ricostruzione che gli inquirenti avevano già delineato ad aprile 2017, disponendo l’arresto dell’ex assessore che non era crollato nemmeno dopo cinque interrogatori. L’arresto era stato negato dal gip provocando il ricorso della procura di Lodi al tribunale del Riesame. Il 12 ottobre il Riesame aveva sposato la versione della procura, ma i legali di Vignati si erano opposti in Cassazione, che giovedì ha rigettato l’istanza dando via libera all’arresto del 64enne. Esattamente 626 giorni dopo il colpo fatale che ha spezzato la vita all’ex amante.