Loggia, Broletto 23 denunce tra colleghi
Ventritrè casi, per alcuni sanzioni disciplinari
In gergo tecnico li chiamano whistleblowers. Letteralmente «soffiatori di fischietto», più prosaicamente «gole profonde» o, usando un dispregiativo, «spioni». Nella pratica, il whistleblower è il dipendente che denuncia il comportamento scorretto di un collega quando questo arreca danno all’impresa privata o all’ente pubblico presso il quale lavora. La figura dello spione, regolamentata in Italia dal 2012 con una serie di protezioni estese nel novembre 2017, resta oggi generalmente malvista e i lavoratori temono declassamenti e punizioni. In ogni caso, le soffiate non mancano e anche a Brescia il fenomeno ha iniziato a prendere piede.
Il risultato delle «spiate», stando alla casistica bresciana, è alterno: in maggioranza si tratta di dispetti e vendette tra colleghi che finiscono con un nulla di fatto ma in certi casi le segnalazioni si sono rivelate corrette e hanno fatto scattare dei provvedimenti disciplinari.
Nel 2016, sono arrivate dure conseguenze per due dipendenti del Comune di Brescia. Nel 2017, le soffiate hanno portato a 3 sanzioni nei confronti di altrettanti dipendenti della Provincia. Poco alla volta, gli spioni crescono: lo scorso anno, le segnalazioni illecite arrivate a Carmelina Barilla (responsabile della prevenzione alla corruzione del Comune di Brescia) sono state 9 di cui 5 completamente anonime e 4 da parte di dipendenti. Quasi tutte erano infondate, alcune sono da verificare e in un caso è stato aperto un procedimento, poi archiviato. Nel 2016, invece, grazie alle segnalazioni delle gole profonde erano scattati due provvedimenti disciplinari: un dipendente ha subito conseguenze per uso improprio dell’auto di servizio, un altro per una questione di «orari di lavoro».
È certo che, a causa di procedimenti disciplinari, un dipendente del Comune è stato licenziato e un altro è stato sospeso dal servizio ma è impossibile sapere se le misure sono scattate a causa del whistleblowing. Alla Provincia di Brescia, nel 2017, sono arrivate 4 soffiate da dipendenti, 2 anonime e 8 da parte di soggetti esterni. In tre casi sono scattate sanzioni.
La materia divide. Secondo Barilla (Loggia): «In troppi casi si tratta di dispetti tra colleghi», per Giuseppina Fiorentino (responsabile alla corruzione della Provincia): «È uno strumento utile». Entrambe concordano sull’importanza dell’anonimato: «Abbiamo attivato, con grande anticipo, meccanismi che permettono di difendere la privacy dei segnalanti — spiegano — in nesciabili», sun caso ci sono state penalizzazioni». Secondo i sindacati, i dipendenti pubblici, soprattutto in altri enti, temono ritorsioni. «La legge sul whistleblowing attualmente in vigore non può difendere il lavoratore ogni giorno e alcune situazioni di vessazioni non sono denun- spiega Marco Drera, segretario della funzione pubblica Cgil. «Chi parla ha sempre molta paura e, al Civile e in alcune case di riposo, c’è chi lamenta l’assegnazione di turni più pesanti dopo aver fatto segnalazioni».