LA DERIVA DELLA VIOLENZA
Sembrano – e spero che resti questo verbo sull’ordine della percezione – segmenti degli anni 70. Un tempo che registrò una violenza di piazza seconda solo a quella che fra il 1919 e il 1922 insanguinò l’Italia e che alla fine produsse una dittatura. Le aggressioni avvenute bipartisan ai danni di militanti delle destra neofascista (Palermo) e della sinistra radicale (Perugia), unitamente all’imbrattamento della lapide per gli uomini della scorta di Moro (Roma), riverberano appunto quegli «Anni di piombo» coerenti con «la strategia della tensione» e «gli opposti estremismi». Fra il 1969 della strage di piazza Fontana e il 1980 dell’eccidio della stazione di Bologna, il confronto politico precipitò nella trasformazione dell’avversario in nemico. Una suburra culturale che ingoiò il concetto stesso di politica. Per i greci, dopo il famoso discorso di Pericle agli ateniesi, usare la violenza significava precipitare in una condizione pre-politica, segnata dalle ragioni delle armi, non dalle armi della ragione. Una precipitazione che il 900 ha sperimentato in più forme e a diverse latitudini geografiche, storiche, ideologiche: in uno dei suoi burroni è finita anche la nostra città, con la strage più politica avvenuta in tutto quell’arco temporale così feroce. Prima che la Storia scoppiasse in piazza Loggia, sul nostro territorio c’erano stati tuttavia diversi segnali premonitori: aggressioni, esplosioni, incendi, devastazioni, morti «accidentali». Episodi spalmati in diversi luoghi della provincia, ma che furono percepiti in modo colpevolmente risibile da chi di dovere, in un contesto generale che registrava una gambizzazione almeno settimanale, per non parlare delle stragi consumate prima: da Peteano (del neofascista Vinciguerra) a Primavalle (di tre aspiranti brigatisti). È fresca una sentenza della Cassazione che assolve due esponenti di CasaPound denunciati per apologia di fascismo, perché salutare col braccio teso non è reato se è «libera manifestazione del pensiero». Va da sé che questo giudizio della Suprema corte autorizzerà ancor più manifestazioni di piazza neofasciste. Insomma, questo sdoganamento del neofascismo 2.0 che autorizza addirittura la presentazione di suoi candidati in liste elettorali, potrebbe generare una recrudescenza di piazza. Non resta che confidare nella buona sorte, ché altri interventi laici per arginare una deriva preoccupante, non ne vedo. Purtroppo.