Ha teleguidato il parto: ma io non sono un eroe
Manuel Spinelli, l’infermiere in centrale: «Che gioia»
Manuel Spinelli, l’infermiere che ieri mattina dalla centrale del 118 di Bergamo, ha teleguidato parto e manovre di rianimazione non si sente un eroe, ma ieri è tornato a casa con una gioia in più.
Sentendolo parlare al telefono sembra di rivivere quei momenti, concitati, che per un operatore del 118, e per chi chiede aiuto dall’altro capo del telefono, sembrano ore. Manuel Spinelli, 37 anni, di Bergamo, padre di due figli, è l’infermiere specializzato che all’alba di ieri, al telefono, ha guidato a distanza il figlio di Giusy, poi una figlia, quindi la vicina di casa Carolina Meneses, e infine i soccorritori-volontari, prima che la situazione finisse sotto il controllo di un medico. Lui, Spinelli, era al telefono dall’ospedale di Bergamo, e in particolare dalla Sala operativa emergenza urgenza Alpina, che gestisce le chiamate su tutto il territorio bergamasco, bresciano e valtellinese.
«Ho cercato subito di entrare in empatia con il ragazzo, gli ho chiesto di mettere la mamma carponi, per terra, per facilitare il parto podalico. Era spaventato, lo era anche sua sorella. Poi ho percepito che al telefono era arrivata un’altra donna, forse una vicina, ma quando “l’espulsione” c’è stata, definitiva, ho capito che la bimba non dava segni vitali». Appare freddo, nella prima parte del suo racconto, Manuel Spinelli. In realtà sta solo tentando di riportare la razionalità che serve in certi momenti. «Ho detto alla vicina di appoggiare le mani all’altezza dei capezzoli della neonata e di iniziare le compressioni toraciche seguendo il mio ritmo: uno, due, tre…uno due tre…Poi ho fatto lo stesso con i volontari appena arrivati, che in più hanno potuto utilizzare le tecniche di ventilazione e tagliare il cordone ombelicale, per proseguire meglio con le operazioni. Così la bimba ha iniziato a piangere». Una liberazione, quel pianto. Non ha dubbi, Spinelli, lui che i soccorsi li ha nell’anima fin da quando, a 13 anni, faceva il centralinista volontario per un’associazione: «Le prime compressioni praticate dalla vicina sono state determinanti, tutto ha funzionato per il meglio. E poco dopo la fine del turno, alle 7, sono tornato a casa come ogni giorno, ma stavolta con un pizzico di gioia in più. È solo il mio lavoro, non sono un eroe».