Zambelli, domani la vera sfida dell’ex
Con il Foggia contro il Brescia: «Sarà partita vera. Avversari sì, ma con rispetto»
Tra lui e il Brescia è stata una lunga storia d’amore: quindici anni con la stessa maglia, nel calcio moderno, sono fuori tempo e fuori moda. Sembrava esserlo diventato anche Marco Zambelli. Se non fosse stato per il Foggia dei bresciani, con Giovanni Stroppa in panchina e Luca Nember alla scrivania, forse sarebbe rimasto ancora al palo. Domani sarà partita vera. Senza rimpianti per una storia finita nel 2015. Avversari sì, ma con rispetto.
Tra lui e il Brescia è stata una storia importante, anzi — con un’altra citazione musicale — una lunga storia d’amore: quindici anni con la stessa maglia, nel calcio moderno, sono fuori tempo e fuori moda. Sembrava esserlo diventato anche Marco Zambelli, calciatore atipico: riservato, frequentatore di oratori e trattorie, iscritto all’università e impegnato nel sociale. Se non fosse stato per il Foggia dei bresciani, con Giovanni Stroppa in panchina e Luca Nember alla scrivania, forse sarebbe rimasto ancora al palo come accadde la scorsa estate quando, pur di rimanere in forma, chiese di essere aggregato a una selezione di dilettanti per giocare un’amichevole contro il Brescia.
Domani sarà partita vera. Senza rimpianti, senza nostalgia per una storia finita nel 2015. Avversari sì, per la prima volta. Ma con rispetto.
Zambelli, il suo Foggia dopo il mercato vola. Il segreto?
«Non so come fosse prima. So che adesso non ci sono segreti, ma solo tanto lavoro».
Luca Nember, il direttore sportivo, per convincerla ha parlato in dialetto bresciano?
«Certamente — sorride — insieme a lui c’era anche un grande amico come Gigi Maifredi. Nember è una persona decisa e diretta, sa quello che vuole, con me è sempre stato chiaro fin dall’inizio».
In questo campionato non è mai troppo tardi per niente?
«Credo che nel calcio, così come nella vita, si debba pensare al presente. La priorità di entrambe è la salvezza, va recuperato il tempo perso».
Quanto merito c’è di Stroppa (vive a Castegnato, ndr) in questa risalita del Foggia? E cosa vede di bresciano in lui?
«Il mister detta la rotta. Di bresciano ha preso la dedizione al lavoro. E l’accento...».
Del suo ultimo Brescia sono rimasti Minelli, Lancini e Caracciolo. Il Foggia ha 4 ex (con lei Tonucci, Scaglia e Calabresi): ci fu troppa fretta nel voler fare la rivoluzione?
«La mia idea è che una nuova società debba dare un’impronta, un’identità nuova, fornendo alle persone che già erano presenti l’opportunità di migliorarsi. Io non sono per la piazza pulita a prescindere. E spero che ad Andrea Caracciolo, quando smetterà di giocare, venga riconosciuto il grandissimo impegno e amore che ha dato a Brescia».
Zambelli “da grande” invece cosa intende fare?
«Finché la testa sosterrà il fisico giocherò ancora. Studio all’università da un anno e mezzo, ma per il futuro è ancora presto».
Parliamo di passato, allora. Foggia vuol dire (anche) Zeman, cosa ricorda di lui?
«Non fece bene a Brescia, è un allenatore che deve lavorare dal ritiro. E, peraltro, il gruppo non lo seguì molto».
Se Cellino fosse arrivato cinque anni fa, Zambelli sarebbe ancora capitano?
«Cinque anni fa c’era una persona appassionata, testarda, orgogliosa, che ha dato tanto: un certo Luigi Corioni. Ha lottato finché ha potuto, la vita è fatta di momenti e quello era ancora il suo».
Il ricordo più bello e quello che vorrebbe cancellare?
«Me li tengo tutti, ogni pezzo del puzzle ha fatto sì che la mia a Brescia fosse una bella storia da raccontare».
Domani, c’è un nuovo capitolo. Non è detto sia l’ultimo.