Nomadi terrorizzati: «Ora più controlli»
Dopo l’incendio la comunità non è tranquilla: «Razzismo istituzionale». Domani il presidio
«Abbiamo paura. Viviamo qui con i nostri bambini e da quella notte la nostra vita è un po’ cambiata. Ci guardiamo di più in giro, soprattutto quando fa buio, per controllare che sia tutto a posto». Parla Gordon Quirini, uno dei residenti del campo nomadi di via Orzinuovi, dove nella notte tra l’11 e il 12 febbraio scorso qualcuno ha dato fuoco a quattro automobili e ad alcuni furgoni.
«Solo per un caso nessuno è rimasto ferito. Una delle macchine bruciava a pochi metri dalla roulotte dove dormivano una ragazza incinta con il marito». Gli abitanti del campo si sono salvati perché svegliati da alcuni scoppi – inizialmente, nel panico generale, si era pensato a colpi di pistola – che con tutta probabilità «erano i rumori di pneumatici o airbag che esplodevano». Ma oltre alla paura c’è anche l’amarezza che chi ha appiccato il fuoco è stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza della sicurezza cittadina, «ma nessuno nelle centrali di controllo si è accordo di niente. Qui, se vedono qualcosa che facciamo noi che non viene ritenuto corretto arrivano subito, come l’altra sera, quando abbiamo acceso il fuoco in mezzo al campo per scaldarci, i vigili ci hanno subito telefonato per farcelo spegnere. Quella notte abbiamo dovuto chiamare noi per avvertire di cosa stava succedendo». E a paura e amarezza si somma anche una certezza: «Qualcuno ha ipotizzato una faida, ma questo incendio ha una matrice razzista – precisa categorico Luigino Beltrami, volontario che da anni lavora nel campo, aperto nel 1981 – ed è grave che il sindaco Del Bono, senza elementi, abbia detto che il razzismo non c’entra».
Nel campo non vengono contemplate altre interpretazioni del gesto, seguito di poche ore all’attentato incendiario alle casette di via Gatti. «Questa è una situazione che crea terrore – prosegue Carlo Berini dell’associazione Sucar Drom – perché nel Paese si respira aria resa fetida da una campagna elettorale che ha portato a una campagna di odio». In via Orzinuovi c’è la convinzione che la politica dell’intolleranza a prescindere, quella in cui «non si parla di contenuti, ma si attacca chi è debole», spiega Sandro Scarso di Diritti per tutti, abbia fatto da sfondo a entrambi gli attentati e si arriva a parlare di «razzismo istituzionale», ripensando a episodi che hanno riguardato il campo in passato (tra ruspe in azione e distacchi di corrente). Con il supporto delle comunità sinte e rom di tutta Italia gli abitanti del campo – 150, di cui una quarantina bambini – sabato manifesteranno per avanzare richieste ben precise al sindaco Emilio Del Bono (cui è stato chiesto un incontro): «Che si adottino strumenti seri , come l’osservatorio contro razzismo e discriminazioni, previsto dalla Bossi Fini che a Brescia manca. E siccome il razzismo è reato, chiederemo al prefetto Vardè perché le indagini vanno a rilento. Vogliamo che si trovi il responsabile», aggiunge Berini. L’appuntamento è per le 14.30 con canti e balli della tradizione gitana in piazza Loggia da dove si spera possa partire il corteo (la trattativa con la Questura è ancora in corso) per raggiungere il Broletto e incontrare anche il prefetto.