Karl Bulla, l’obiettivo sulla Russia rivoluzionaria è un vizio di famiglia
Fotografava ovunque: nel suo atelier, dove posavano i più famosi personaggi di Russia, scrittori e artisti, studiosi e aristocratici. Ai ricevimenti di gala. Per le strade di Pietroburgo, imbucato nei cortei con le bandiere rosse, o davanti a un’edicola. A palazzo, davanti a Rasputin e alle sue erinni incipriate, o di nascosto, come quando catturava il profilo di Tolstoj. Fotoreporter della Russia rivoluzionaria e alto-borghese, Karl Bulla riusciva a trovarsi ai balli dell’alta società o tra i tavoli delle mense di lavoro, nei mercati popolari e nei circoli aristocratici, tra i letti dei dormitori, alla corte degli zar o in mezzo ai combattimenti sulle strade. A lui , ai figli Viktor e Aleksandr e al loro archivio ritrovato — un’incredibile cronaca in bianco e nero della fine del XIX secolo e dei primi del XX secolo — lo Spazio Aref dedica una mostra, «Atelier Karl Bulla e figli» (sono gli ultimi giorni per visitarla: chiude domenica). Karl, arrivato in Russia dalla Germania, aveva cominciato a lavorare come fattorino per una ditta di articoli per la fotografia e poi era diventato un ritrattista. Viktor, il figlio, come il fratello Aleksandr aveva ereditato il sacro fuoco per l’obiettivo, ma il suo istinto lo portava più al marciapiede e al reportage (benché fosse ritrattista ufficiale di Lenin). Nel 1938 fu arrestato e l’archivio del loro studio sulla Prospettiva Nevskij fu requisito come «prova materiale» : andato distrutto o sepolto in qualche luogo impenetrabile, sopravvisse su lastra, venne stampato e oggi si trova in mostra. I loro scatti sono una cronaca oggettiva e imperdibile della Russia di quegli anni.