L’azienda punta sugli studenti
Pasini (Aib): «In futuro servirà una scolarizzazione sempre più alta»
Le aziende hanno fame di studenti preparati. Parola di Pasini, presidente Aib.
I laureati? Ne serviranno sempre di più. La scuola che non forma? Inizino a farlo le imprese, senza delegare e investendo sul capitale umano. Certo, chi si aspettava che dall’incontro «Quali lavori, quali competenze» di ieri promosso dall’Osservatorio per il territorio (Opter) dell’Università Cattolica uscissero i temi un po’ triti sulla fame di operai specializzati forse sarà rimasto deluso. Non che non servano i tecnici, sia chiaro, ma le trasformazioni in atto impongono letture meno scontate. E a dirlo, ieri, non è stato qualche accademico che giocava in casa, ma Giuseppe Pasini, imprenditore siderurgico temporaneamente presidente dell’Aib. «Troppe volte ci siamo lamentati di studenti non capaci - ha detto -, ma tocca a noi imprenditori formare perché l’investimento in capitale umano è il più importante che abbiamo tra le mani». Non soddisfatto, ha anche aggiunto: «Di una cosa sono convinto: che nei prossimi anni aumenterà sempre più il livello di scolarizzazione richiesto».
Come dire: serviranno sempre più diplomati e laureati. Questi ultimi, già oggi, sono già premiati rispetto a chi ha titoli di studio inferiori. I numeri snocciolati da Gilberto Antonelli (consorzio Almalaurea) parlano da soli: chi è laureato trova più facilmente lavoro, meglio si adatta alla trasformazione e redditi migliori si ritrova in tasca. In tale contesto i laureati bresciani se la passano meglio di quelli lombardi e di quelli italiani: il 95% di ingegneri laureati ha un lavoro (a cinque anni dalla fine degli studi), e percentuali di non molto inferiori hanno anche i laureati in altri indirizzi. Merito di un sistema produttivo ricettivo e di università che nei loro indirizzi hanno considerato il contesto socioeconomico nel quale operano. In futuro, di laureati ne serviranno anche di più, per avvicniarsi alle medie europee. Se la strada è tracciata, non vuol dire che non esistano i problemi. Anzi, a Brescia la disoccupazione giovanile è ancora superiore al 30%, quattro volte tanto rispetto al 2008 ed esiste un problema di mancato incontro tra domanda e offerta e di lavoro impressionante: nei prossimi cinque anni, a fronte di 170 mila laureati o diplomati bresciani, alle imprese ne mancheranno circa 100mila: «Giovani - ha osservato Pasini - che dovranno traghettare le nostre imprese». «Serve un cambio di paradigma culturale - ha osservato il direttore di Opter Giovanni Marseguerra -. Un tessuto dinamico, due università, ci sono tutte le condizioni perché da Brescia parta e si sviluppi un modello virtuoso di collaborazione in campo educativo e formativo che consenta ia nostri giovani di cogliere le opportunità dell’economia digitale». A suo modo un dibattito che, si spera, contribuisca a limitare il dibattito un po’ noioso su dove sia meglio studiare, se andare al liceo, scegliere un tecnico o un professionale. Dipende, è la risposta: serviranno tecnici specializzati e serviranno laureati, magari «Change manager, agile coach, technology innovation manager» o altro ancora di cui oggi non conosciamo nemmeno l’esistenza. L’importante è sapere che non si potrà stare fermi, perché il mondo si muove, molto velocemente e in misura maggiore che non in passato. E l’Italia, che troppo a lungo è rimasta ferma, deve anche recuperare un pezzo di strada.