Gori e Gelmini «corteggiano» Confagricoltura
Gori: la giunta Maroni ha penalizzato il settore. Gelmini: noi garanzia di stabilità, non di decrescita infelice
All’assemblea annuale di Confagricoltura Gori (Pd) apre agli Ogm, critica la giunta Maroni sui ritardi nell’anticipo dei contributi Pac e sul sistema informatico regionale, invitando a «voltare pagina». Gelmini (FI) rivendica il buon governo della Regione rilanciando la sfida «aggregazioni» e di maggiori contributi Ue.
Ogm, accordi di libero scambio, investimenti: «Se rimaniamo fermi al passato, siamo destinati a perdere competitività». La profezia del presidente Francesco Martinoni è anche la sfida che Confagricoltura Brescia lancia al mondo politico. E l’assemblea annuale di ieri è stata anche l’occasione per misurare il polso e la fermezza dei candidati alla presidenza della Regione Lombardia.
Giorgio Gori, sostenuto dal centrosinistra, ha condiviso alcune istanze dell’Unione agricoltori ma ha fatto anche capire che la politica deve volare più in alto. «Non c’è alcuna contraddizione tra l’agricoltura intensiva e i presidi slow-food: queste modalità – ha detto il sindaco di Bergamo – possono coesistere». Mancano due settimane all’appuntamento del 4 marzo e Giorgio Gori ha voluto sgombrare il campo dagli equivoci di chi immagina un Partito democratico «ostaggio» degli ambientalisti. Da «sostenitore dell’innovazione» Gori ha aperto anche all’ipotesi di eventuali sperimentazioni di mais Ogm in Lombardia («non ho timore»). Nella prima provincia agricola d’Italia il voto del settore primario ha il suo peso. E ieri, sul palco dell’assemblea di Confagricoltura c’era anche Mariastella Gelmini, deputata di Forza Italia ed ex ministro dell’Istruzione. Rappresentante di una classe politica che governa la Lombardia da 23 anni e che si ritiene garante di uno sviluppo destinato a non fermarsi. «Noi del centrodestra non siamo certo quelli della decrescita felice» sono le parole di Gelmini. Quasi un modo per stabilirsi sulle stesse frequenze d’onda di chi, come l’Upa, ritiene che l’agricoltura del futuro sia quella delle aggregazioni, della quantità che «serve a sfamare il mondo», della capacità di esportare perché «il mondo – ha detto Martinoni – piaccia o non piaccia è ormai guidato dalla globalizzazione». La sfida insomma si è fatta transnazionale, ma la Gelmini promette che il centrodestra saprà «difendere il Made in Italy e gli interessi del nostro Paese». Certo, nel villaggio globale c’è anche il mercato comunitario e l’euro, la moneta che il leader della Lega voleva abbandonare. Un pericolo che secondo la parlamentare azzurra è ormai superato: «Salvini si è rassegnato, gli abbiamo spiegato che non si può uscire dall’Europa». Che poi critica Bruxelles e l’Unione perché «non fa gli interessi degli agricoltori». Dimenticando che senza i sussidi comunitari il mondo agricolo andrebbe in crisi. Perciò, se la burocrazia è certamente una spina nel fianco, è pur vero che la governance del settore primario è un tema molto complesso. Il centrodestra di Attilio Fontana e Mariastella Gelmini si presenta come il campione della »stabilità» e del «buon governo», mentre Gori invita al voto disgiunto perché «si possa finalmente voltare pagina». E a supporto della propria tesi il candidato del centrosinistra elenca una serie di scelte politiche della giunta Maroni che non hanno funzionato. A partire dal Piano per lo sviluppo rurale (Psr), «costruito senza dialogare con le associazioni». E poi il nodo dolente del sistema informatico voluto dall’assessorato regionale: «Non funziona, e tutti gli agricoltori lo sanno» attacca Gori, che poi rimarca il «grande ritardo» che la Regione sta accumulando nell’erogazione dei fondi europei della Politica agricola comune (Pac), di solito anticipati dal Pirellone. Adesso, invece, allevatori e coltivatori sono sul piede di guerra. (Morgano LaPresse)