Franzé e le tracce di un fallimento che da personale diventa universale
Francesca Franzè è un’attrice bresciana che interessa il mondo teatrale per come ha saputo portare in scena un dramma legato al fallimento dell’azienda del padre che produceva e lavorava il plexiglass. Accadeva nel 2009. Un tracollo che non l’ha lasciata indifferente. Anzi. Ha reagito parlandone, senza retorica, in pubblico, con il linguaggio del teatro, che le è più congeniale, senza farne un caso personale. A quattro mani, con la drammaturga Letizia Buoso, è riuscita nell’intento. Insieme hanno aperto il sipario su uno dei tanti tragici fallimenti dovuti alla crisi economica iniziata nel 2007 e che ancora perdura. Un caso che ne richiama altri dieci o cento. Hanno raccontato alla platea la fine di un’impresa e le angosce di una famiglia che ha subito, impotente, lo svolgersi degli eventi. Lo spettacolo si intitola Fail , cioè Fallire. Dopo il premio Lidia Petroni e il debutto in città si sono aperte prospettive. Una tournée parte oggi da Vimodrone (sala del Circolo Everest). Francesca accenna alla disavventura del padre industriale, stritolato dall’ingranaggio del mercato e delle banche. Il fallimento nasce dalla contrazione del fatturato necessario a pagare investimenti fatti anni prima per migliorare la qualità dell’offerta allo scopo di fronteggiare un calo degli affari. Spiega: «La crisi economica coinvolge anche me. Quando fallisce un’azienda, è una specie di Giudizio Universale. Porti i libri contabili in tribunale e devi fermarti. Il curatore fallimentare mette i sigilli sulle porte: non puoi più rientrare … Non sei riuscito a far brillare quel gioiellino che avevi in testa. Fail è il nostro attraversamento del naufragio, lavorativo ed esistenziale». La scena appare ingombra di cubi e coni di plastica opaca o trasparente trucioli, ritagli, sfridi: la materia trattata dall’azienda bresciana perduta. «Sono tracce accese» dice Francesca. «La scena nasce dalla necessità di rielaborare un materiale autobiografico e aprirlo all’universale. Partire dall’unità di oggi per dare luce ai frammenti di ieri. Farne teatro genera un prisma di figure che si riconoscono, scontrano e sostengono, per tornare a procedere e creare».