Buffa sale sul ring per raccontare una notte epica
Il giornalista sportivo racconta l’epico match tra Alì e Foreman
Quando teatro e giornalismo infilano i guantoni da boxe e salgono sul ring per raccontare una giornata leggendaria nella storia della cultura del ‘900. Federico Buffa, celebre giornalista sportivo e narratore straordinario, è atteso in terra bresciana per un triduo (stasera e domani, ore 20.45 all’Odeon di Lumezzane; giovedì, ore 21, al Politeama di Manerbio) con «A Night in Kinshasa», un testo che lui stesso ha scritto con la regista Maria Elisabetta Marelli.
La notte cui si fa riferimento è quella del 20 ottobre 1974, quando nello Zaire (oggi Repubblica del Congo), si affronta per la corona mondiale dei massimi George Foreman e lo sfidante Muhammad Alì: entrambi pugili di colore, ma mentre il primo, il campione in carica, viene visto come il nero al servizio del sistema dei bianchi, il secondo è entrato nel cuore degli africani, è il simbolo e il testimone del riscatto, della ribellione. Muhammad Alì è lo stesso uomo che ha detto no al Vietnam («nessun vietcong mi ha mai chiamato negro»), che si è liberato del nome degli schiavisti (Cassius Clay, prima della conversione all’Islam) e che l’ha pagata cara tra tribunali e gogne, perché non si è mai piegato all’establishment yankee. In attesa del combattimento, nello Zaire retto e derubato da Mobutu, uno dei tiranni più spietati, arriva il Gotha della musica, si moltiplicano le feste, i concerti con James Brown star delle notti soul di Kinshasa. Sono stati molti i cantori di quella notte in cui la temperatura ambientale toccò i 40 gradi con il 90% di umidità: gli scrittori Norman Mailer e Gay Talese, i registi Leon Gast («When we were kings», Premio Oscar del 1996) e Michael Mann («Ali», con Will Smith). Buffa si aggiunge alla lista.
Quella notte è passata alla storia come The rumble in the jungle, la rissa nella giungla. Perché è rimasta memorabile?
«Perché prima di allora l’occhio del mondo non si era mai
posato sull’Africa, un continente che non aveva ospitato nessuna grande manifestazione sportiva. All’epoca un mondiale dei massimi aveva rilevanza enorme, era un evento planetario. Oggi lo sarebbe meno, perché il pugilato ha perso smalto e importanza. Quello fu un match epocale, epico, senza dimenticare che attorno si creò un festival di musica. E poi c’era Alì, dal punto di vista sportivo uno dei tre o quattro personaggi fondamentali del ‘900».
Un incontro di boxe che richiama luoghi e figure della grande letteratura: il Congo dove ha sede il conradiano Cuore di tenebra della coscienza occidentale e un personaggio non arruolabile come Alì, che dice no come il melvilliano Bartleby.
«Vero. Quelli che fanno la storia sono proprio quelli che dicono no. Io ho scritto anche un libro su Ali e voglio ricordare che chi dice no vive pericolosamente. Lui è stato il primo afro-americano che si è ribellato al sistema ed è morto di morte naturale senza beccarsi una pallottola in testa».
Il suo spettacolo rievoca l’evento ma anche il contesto.
«Quello è l’intento. Rievochiamo un arco di tempo che va dal 1964 al 1974, seguendo le vicende politiche e giudiziarie. Chiudiamo con la telefonata registrata che i due pugili si fecero cinque anni dopo il match. Una conversazione tra due uomini di fedi diverse, un islamico e un cristiano, che alla fine trovano una affinità da consegnare alla storia».
Accanto a Buffa, i musicisti Alessandro Nidi e Sebastiano Nidi. Posti ancora disponibili all’Odeon (in città biglietti al Punto Einaudi). Info su politeamamanerbio.it.
Icona ribelle Chi dice no come Alì vive pericolosamente. È stato il primo afro-americano a ribellarsi al sistema