Appalti truccati, sindaco in cella In carcere Stefano Gelmi, ex primo cittadino a Malonno. Misure cautelari per 11
In cella l’ex sindaco di Malonno Stefano Gelmi. Altre misure per due funzionari e vari imprenditori Opere per un milione di euro assegnate senza rispettare le procedure: in cambio soldi e commesse
Devono rispondere a vario titolo di corruzione e turbativa d’asta le undici persone colpite da un’ordinanza di custodia cautelare su richiesta del pm Ambrogio Cassiani, titolare dell’inchiesta su un giro di appalti truccati per un milione di euro a Malonno. Unico in carcere l’ex sindaco Stefano Gelmi. Altre cinque persone, tra funzionari e imprenditori, sono ai domiciliari. Per altrettante, infine, è stato disposto l’obbligo di firma in caserma.
Le ditte «designate», in sostanza, venivano informate in anticipo della pubblicazione del bando di gara in modo che saturassero con le loro offerte il numero dei concorrenti ammissibili. In un caso le buste sono state aperte e modificate. In cambio: soldi e favori.
Solo gli amici degli amici. Tutti gli altri fuori dal giro degli appalti comunali. Assegnati in modo irregolare, però. Per corruzione e turbativa d’asta, su disposizione del gip Cesare Bonamartini — e richiesta del pm Ambrogio Cassiani — i carabinieri (del nucleo operativo di Breno con i colleghi di Edolo) hanno eseguito ieri undici misure cautelari. Unico in carcere l’ex sindaco di Malonno, Stefano Gelmi (esponente di centrodestra), che aveva rassegnato le dimissioni in novembre dopo l’iscrizione nel registro degli indagati. Per gli inquirenti: il «regista» del raggiro. Il meccanismo, in realtà, era piuttosto semplice. A innescare le indagini, in giugno, sono state proprio alcune segnalazioni che denunciavano una serie di presunte irregolarità amministrative nella gestione dei bandi di gara, settore edilizia. Sotto la lente, in particolare, ne sono finiti tre, per un milione di euro: illuminazione pubblica, realizzazione e sistemazione di marciapiedi, biblioteca comunale. Di trasparente, per l’accusa, non c’era nulla. Solo finzione. Inutile partecipare: il finale era già scritto ancora prima di procedere con le pratiche.
In sostanza, le ditte «compiacenti» — quelle cioè che facevano parte della «cordata» designata — venivano informate dell’imminente bando di gara ancora prima che venissero pubblicate le condizioni per parteciparvi. Obiettivo: fare in modo che questi imprenditori potessero «saturare» con le loro, di offerte, il numero di candidati ufficialmente ammissibili alla procedura negoziale. Di conseguenza, i margini di ribasso erano ridotti al minimo. E tutto andava come doveva. In un modo o nell’altro, direttamente o meno, vincevano sempre loro: le ditte che appartenevano alla joint costituita ad hoc in modo che prevalesse una determinata impresa. Per poi beneficiare dei sub appalti che necessariamente ogni volta derivavano dalle gare. Non da ultimo, evitando spiacevoli intrusioni di una concorrenza scomoda. Ma onesta, certo. È capitato anche che un’offerta «anomala», non prevista, facesse capolino tra le altre: nessun problema, i responsabili non hanno fatto altro che aprire la busta per sbirciarne l’offerta, salvo poi modificare quella già depositata da una delle aziende «allineate», che avrebbe cioè dovuto vincere la gara. Oltre all’ex sindaco, unico in cella, in manette, ma agli arresti domiciliari, sono finiti anche Remo Fona, Rocco Mastaglia, Andrea Cattaneo. E il responsabile della Centrale unica di committenza per l’aggiudicazione degli appalti, Gianpaolo Albertoni, con un altro dei componenti, Morena Piloni. Il gip ha infine disposto l’obbligo di firma (due volte alla settimana, in caserma) nei confronti di Giuseppina Lanzetti, Silvano Andreoli, Alberto Avanzini, Bruno Cioccarelli e Alessandro Gelmi. Tutti, per gli inquirenti, a vario titolo ricavavano profitto: denaro contante o una commessa per un familiare gli amministratori e i funzionari, ingenti margini di guadagno per gli imprenditori che si aggiudicavano i bandi.
La contropartita I dipendenti comunali ricevevano denaro o un aiuto per i familiari, gli impresari il guadagno