La Spoon river siciliana delle vittime di mafia
L’istante prima della fine, una luce abbagliante che si spegne del buio. È solo un attimo, il tempo è finito, si muore e basta. L’«Almanacco» di Roberto Alajmo ribalta la prospettiva: racconta in soggettiva l’ultimo congedo di uomini e donne uccisi dalla mafia in cinquant’anni di guerra in Sicilia. Un libro quello di Alajmo, scrittore giornalista e drammaturgo, importante e completamente smarcato rispetto agli stereotipi della cronaca: nessun dettaglio truculento, niente eccessi emotivi, niente retorica. «Almanacco siciliano» viene portato in scena da Vincenzo Pirrotta, che ne è anche il regista: da stasera (20.30) fino a domenica (15,30) al Teatro Santa Chiara Mina Mezzadri per la stagione di prosa del Ctb. Siciliano di Partinico, allievo di Mimmo Cuticchio alla scuola del puparo, interprete di straordinaria fisicità, Pirrotta è stato associato alla tradizione del «cunto» per poi inoltrarsi nei territori della sperimentazione: nel 2005 ha ricevuto il premio della critica come miglior autore, attore e regista emergente assegnatogli dall’Associazione Nazionale Critici di Teatro. Già numerose sono le volte in cui il pubblico bresciano ha potuto apprezzarlo. «La metrica del cunto — ci dice l’attore e regista — rimane la base da cui sono partito e ha fatto parte di tanti miei lavori importanti. Oggi però, pur non ripudiandola, mi sono molto smarcato da quel modello. Lo spettacolo che vedrete è fedele al libro, a parte qualche traduzione in siciliano inserita in alcune parti. Non ho voluto agire diversamente per lasciare intatta questa carrellata di istantanee di morti improvvise o annunciate che sono messe insieme dalle voci di noi attori». Sulla scena, come nel libro, si sussegue una serie di epigrafi nella segno della asciuttezza e della sottrazione, una sorta di Spoon river, l’antologia poetica di Edgar Lee Masters, in cui a parlare sono proprio i defunti. «Niente di nuovo, a pensarci bene — continua Pirrotta —: nella tragedia greca il sangue scorreva sempre fuori scena. Anche dopo venticinque secoli, la forma della tragedia risulta più efficace di qualsiasi resoconto giornalistico. In quest’Almanacco si raccontano delitti atroci ma con la levità della poesia, sono le voci che, unite nel rincorrersi delle date divenute storiche, diventano stasimo ma asciugato dalla pesante lirica del coro tragico. A richiamare la tragedia, l’oscura cappa della criminalità, l’ombra dei mandanti, dei summit. Invece delle luminarie, solo dei cuori che pulsano ci saranno per tutto il tempo dell’azione scenica, e, come lampade-totem, segneranno i contorni delle morti ferocemente vere e mai presunte». «Almanacco siciliano» è una produzione del Teatro Biondo di Palermo. Accanto a Pirrotta, Elisa Lucarelli e Cinzia Maccagnano. Musiche di Marco Betta e dei fratelli Mancuso, scena di Claudio La Fata, luci di Nino Annaloro. Per Rapiti dall’Eden Daniele Pelizzari intervista sabato prossimo, ore 17.30, Pirrotta al Nuovo Eden. Segue il film «La mafia uccide solo d’estate».