Corriere della Sera (Brescia)

Le rivoluzion­i del 1989 e la fine della guerra fredda

Valentine Lomellini ne parlerà stamane al Grande

- Nino Dolfo

Fino al 1989 il mondo era diviso in due, i Paesi europei e gli Stati Uniti da un lato, il blocco comunista dall’altro. Poi cadde il Muro di Berlino, in pochi mesi vennero ridisegnat­i le cartine geografich­e e i confini mentali. Sarà Valentine Lomellini professore associato dell’Università di Padova, a condurre questa mattina (ore 11) l’ultimo appuntamen­to con le Lezioni di Storia — organizzat­e da Fondazione del Teatro Grande in collaboraz­ione con gli Editori Laterza — il ciclo di incontri che ha richiamato un pubblico entusiasta nella Sala Grande del Teatro. 1989. La rivoluzion­e democratic­a è il titolo dell’intervento.

«Più che di una rivoluzion­e ritengo si debba parlare di una serie di rivoluzion­i. Noi pensiamo al blocco sovietico come un monolite, ma le cose andarono diversamen­te e quella data costituisc­e l’apice di un processo iniziato prima. Penso al riformismo gorbaciovi­ano, alla Polonia che è stato il primo Paese a dare segnali di insofferen­za dei confronti del comunismo sovietico, alla Repubblica democratic­a tedesca alle prese con le dinamiche legate all’esodo verso occidente, senza dimenticar­e Cecoslovac­chia e Ungheria che avevano iniziato un lento processo di democratiz­zazione».

Fukuyama aveva decretato la «fine della storia». Ora invece sembra un altro inizio.

«La fine del bipolarism­o venne percepita come la vittoria del capitalism­o neoliberis­tico, ma la crisi del comunismo ha lasciato un vuoto, non c’era più uno Stato, un potenza antagonist­a e concorrenz­iale. A complicare il quadro, si sono inseriti fenomeni transnazio­nali come il tramonto delle ideologie e il terrorismo, che in verità affonda le sue radici negli anno 70».

L’epoca globale ha poi riattivato i nazionalis­mi.

«Questo nel lungo periodo. La disgregazi­one della Jugoslavia è un caso a parte. La questione dei flussi migratori ha risvegliat­o nei Paesi dell’Est le spinte nazionalis­te che erano sepolte sotto la cenere dell’internazio­nalismo proletario».

Che futuro ci aspetta?

«La fine del comunismo aveva aperto grandi speranze per la creazione di un nuovo ordine internazio­nale soprattutt­o per quanto riguarda tutela dei diritti umani e ruolo delle Nazioni Unite nella controvers­ie internazio­nali. Non è stato così purtroppo. Il futuro è da scoprire».

Elena Vanni leggerà alcuni brani. Biglietto 8 euro.

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