Il mistero mai risolto della morte di D’Annunzio
Morte naturale o suicidio? Gli studiosi si dividono Di certo ebbe due funerali: «ufficiale» e privato
Curiosità da scongiuri. Per imbottire e foderare la bara di d’Annunzio l’architetto Giancarlo Maroni ordinò al tappezziere una pezza di velluto di cotone, azzurro come il colore nel blasone del principe di Montenevoso. Ne volle tanti metri che gli avanzi bastarono per fare un bel cappotto al figlio dell’artigiano. «Io ho quel che ho donato»: il motto del poeta dalle mani bucate s’addice al caso. È come se anche da morto avesse voluto beneficare l’artigiano che chiamava «Beppe mangia chiodi».
Giuseppe Ventura, classe 1908, apprendista a 12 anni, dipendente a 16 anni della ditta Zuccoli-Minelli di corso Zanardelli e tappezziere in proprio dal 1931, è stato un rinomato «Maestro d’arte». Ha tappezzato stanze della Prefettura a Brescia e fatto lavori al Vittoriale. Maroni lo chiamò all’alba del 2 marzo 1938. D’Annunzio aveva chiuso gli occhi alle 20,05 del 1 marzo, ultimo martedì di Carnevale. Serviva un feretro. Lussuoso e alla spiccia. La mattina del 3 sarebbe arrivato il duce, per le esequie.
Racconta Massimiliano Ventura, figlio dell’artigiano: «Papà e mamma lavorarono notte e giorno per imbottire e ricoprire con velluto (lavorazione capitonné tutta a mano) la cassa da morto». E precisa: «Lo seppi da papà. Non ero ancora nato. C’era invece mio fratello maggiore e con gli avanzi del velluto mamma gli fece un cappottino».
La poco allegra curiosità diventa pretesto per accennare ad una questione irrisolta: 80 anni fa il poeta s’uccise o morì per case naturali? Questi sono i giorni buoni per un ricordo. Come ieri si tennero i funerali di stato; come oggi la sepoltura provvisoria nel tempietto delle memorie. Solo dal 1963 riposerà nel mausoleo, vicino alle arche degli eroi. Chissà se «Beppe mangia chiodi», in quelle ore, avrà orecchiato indiscrezioni sul decesso raccontato in modo diverso anche dalle persone presenti.
Morte naturale, ritiene Franco di Tizio, eccellente dannunzista ma anche affemato clinico. Ci dice: «Il decesso presenta aspetti ancora oscuri, è vero, ma come medico concordo con la diagnosi fatta all’epoca e cioè che si trattò di emorragia cerebrale. Del resto lui era anche affetto da ipertensione arteriosa e la stessa mattina aveva avuto un malore, un capogiro, che rappresentava sicuramente un prodromo di ciò che sarebbe successo la sera stessa». Quindi un d’Annunzio sofferente? Risposta: «All’inizio del 1938, sebbene avesse soltanto 74 anni e una mente lucidissima, fisicamente si presentava come un vero e proprio relitto umano».
Colpa delle droghe? Diverse concause dice Di Tizio: «I sei anni di guerra e la caduta dal balcone nell’estate del 1922 avevano certamente finito di logorare il suo gracile fisico, già fortemente compromesso dalle molteplici disavventure della vita. La perdita totale della vista all’occhio destro, la mancanza dei denti, la grave ipertrofia prostatica, l’uso quasi ventennale di cocaina, la stipsi ostinata e i numerosi disturbi correlati con la senescenza avevano fatto in modo che egli si chiudesse sempre più in se stesso». La conclusione del medico è che il d’Annunzio settantenne, per il tipo di vita particolare che aveva condotto, mostrava un fisico paragonabile a quello di un novantenne di oggi.
Propenso all’idea del suicidio è stato Attilio Mazza. Dal 2001 ha raccolto coincidenze a sostegno della sua ipotesi (e non tesi) da altri negata anche con ironia. Equilibrato nel giudizio è stato Pietro Gibellini. Nel ricordare il Libro segreto, scritto tre anni prima che il poeta morisse «di apoplessia» non esclude che abbia ceduto «alfine alla tentazione suicida da anni accarezzata, secondo l’ipotesi recentemente avanzata da un provetto conoscitore: ipotesi audace, certo, ma non estranea allo stile mentale dello scrittore»
Mazza cercava di capire se il poeta avesse voluto porre fine alla «turpe vecchiaia» con il mezzo più volte tentatore. A ben vedere ogni momento della sua vita è diventato pagina scritta. Perché non pensare che le righe legate al suicidio siano dichiarazione di un progetto?
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