Longhena, chiude l’unica bottega
Rosanna Mangiavini non regge più la concorrenza dei centri commerciali
La storica bottega d’alimentari di Longhena ha chiuso, sopraffatta dai supermarket.
Rosanna Orsolina Mangiavini - occhi azzurri da cherubino - accarezza con lo sguardo la sua bottega senza insegna nella piazza di Longhena. Ora è un guscio vuoto, come le tante case disabitate; come le belle cascine lasciate dai contadini e che cadono a pezzi. Triste dire addio, dopo 32 anni di onesto lavoro, solo perché il paese perde gli abitanti e crescono i centri commerciali. Amara decisione.
Nella botteguzza svuotata 30 metri quadrati appena - sono rimasti gli odori delle merci. Qui il borotalco, i saponi, i detersivi, l’alcol per le ferite e lo spirito per metter via uva e ciliegine. Senza lacrime Rosanna ha abbassato la serranda alzata agli inizi del ‘900 dalla famiglia Vecchi e passata poi ai Francesconi ed ai Rongaroli. Rosanna Orsolina, ultima di 7 fratelli Mangiavini è entrata in scena nel 1985. Aveva 25 anni e voglia di lavorare. Chi ha “la licenza 14” - come la scaltra “boteghéra dè Bressa” cantata da Angelo Canossi deve saper comperare bene per vendere a buon prezzo. «Nessuno si è mai lamentato» dice una donna che rimpiange il negozio «tanto comodo» perché vicino a casa.
A dare il colpo di grazia due circostanze. Da una parte i centri commerciali spuntati come funghi: due a Dello e due ad Azzano Mella. Dall’altra il paese sempre meno abitato. Longhena, anche di giorno, è un paese di fantasmi. Solo il rombo di un trattore, ogni tanto, rompe il silenzio. Una parte degli uomini lavorano a Brescia o nei paesi vicini; altri alla Valmon e in altre due aziende che si trovano nella piccola zona artigianale. I ragazzi sono a scuola e le donne in casa con gli anziani. Ed è detto tutto dei 575 abitanti rimasti. Nascite zero, un matrimonio all’anno, se va bene. Solo la morte esercita implacabile il suo diritto di falce.
La bottega di Rosanna, all’angolo della piazza grande del paese, fra chiesa, municipio ed oratorio, era un tempo, spaccio di alimentari, dei cosiddetti coloniali, tabaccheria, edicola, bacheca. E punto di incontro per ragionare sui problemi del paese o per spettegolare; per aiutare il parroco o per migliorare la festa in Biolcheria di fine estate. Qui si fermavano sindaci e parroci, signori e contadini. Anche Cicerone il bizzarro del paese, e prima di lui Tommaso un visionario che lanciava messaggi.
In 32 anni mai un giorno di chiusura. Anche dopo cena, se qualcuno chiamava, era sempre a disposizione la brava Rosanna. Ha detto addio al lavoro a Natale. Ha chiuso dopo la banca e prima del medico che a giorni se ne andrà se- guito dal farmacista. Tengono duro Ermanno Ferrari, panettiere e Anna Maria Fiaccola, parrucchiera. Vivono bene le due trattorie rinomate per i casoncelli che navigano nel burro. Eppure fino agli inizi degli anni Ottanta gli esercizi commerciali erano il triplo (c’era una merceria, un negozio di calzature, due di alimentari, un fruttivendolo, il macellaio).
Longhena ora languisce. È fermo il mercato dei terreni. Stoppato il progetto di un nuovo quartiere per aver nuovi abitanti. Vengono e vanno anche i pochi extracomunitari. Si potrebbe girar nudi per la contrada anche di giorno. Davanti alla parrocchiale dedicata ai santi Dionigi ed Emiliano, a star zitti, si sente scorrere l’acqua della roggia Ognata prima che si infili sotto l’abside della chiesa.