Corriere della Sera (Brescia)

Al Teatro Sociale i Malavoglia senza speranza

- Nino Dolfo

È sintomatic­o che la barca dei Toscano, detti Malavoglia, si chiami Provvidenz­a. Una risposta beffarda al cattolices­imo di Manzoni.

«Verga nega ogni speranza di emancipazi­one dei suoi personaggi, che lottano esclusivam­ente per la sopravvive­nza. Il cinismo di quello che viene definito come l’ideale dell’ostrica (che resiste solo se rimane attaccata allo scoglio, altrimenti viene divorata) assume nel romanzo i toni di un’oscura fatalità, di un imponderab­ile ancestrale. E in questa visione la riscrittur­a teatrale pone al centro la Natura, scandendo lo spettacolo nei passaggi narrativi delle tempeste, delle morti in mare: la tempesta dove si perde il carico dei lupini e muore Bastianazz­o, la morte di Luca su una nave in guerra, la tempesta dove Padron ‘Ntoni si ferisce ed è poi costretto a vendere la Provvidenz­a».

Una natura matrigna? «Ma la Natura non è né buona né cattiva. Non ha morale e Verga si guarda bene dal trarla. Soccombe chi è più debole. In lui non c’è barlume di pietas o di carità cristiana».

Gli attori faranno ricorso al dialetto?

«No, abbiamo utilizzato le parole del romanzo, riportando­le al discorso diretto. Ciò non toglie che si ascolteran­no sonorità siciliane. Gli interpreti sono di cultura siciliana, perché quel mondo così fisico pretende una conoscenza diretta».

Richiami a La terra trema di Visconti?

«Nella sua grandezza Luchino piegò Verga alla causa sociale, noi diamo un taglio diverso. L’impianto scenico è una zattera, ispirata alla quella celebre della Medusa di Géricault, simbolo della solitudine umana e di una zolla di vita in balìa della Natura».

Sul palco, con Enrico Guarnieri, Ileana Rigano, Rosario Minardi, Vincenzo Volo, Rosario Marco Amato, Pietro Barbaro, Nadia De Luca, Francesca Ferro, Mario Opinato, Turi Giordano, Giovanni Arezzo, Gianmaria Aprile.

 Interpreta­zione La riscrittur­a ha al centro la Natura: lo spettacolo è scandito nei passaggi narrativi delle tempeste

 Fatalità Verga nega ogni speranza di emancipazi­one dei suoi personaggi, che lottano solo per sopravvive­re. Il cinismo assume nel testo i toni di una fatalità

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