Bazoli: staremo all’opposizione Pagani: impegnati a ricostruire
«Una sconfitta che va al di là delle peggiori previsioni. Quel vento che sta soffiando in tutte le democrazie occidentali — dagli Stati Uniti alla Francia, in parte anche in Germania — ha gonfiato anche da noi le vele dei partiti antisistema». Il deputato Pd Alfredo Bazoli ammette la debacle del suo partito, ma non vuole infierire sul segretario dimissionario, Matteo Renzi: «Di lui si può dire tutto il male che si vuole ma quest’onda avrebbe travolto anche Gentiloni, qualora fosse stato indicato premier del centrosinistra. Se avessimo fatto meno errori nella scelta dei candidati in diversi collegi? Avremmo potuto arginare la sconfitta, ma i numeri sarebbero cambiati poco».
La domanda che arrovella gli uomini del centrosinistra ora è una: che fare? Bazoli non ha dubbi: «In questo panorama conviene stare all’opposizione. Hanno vinto gli altri, si incarichino di dare un governo al Paese. Ma né Di Maio né Salvini hanno i numeri per farlo e verranno a bussare alla nostra porta. Noi dovremmo tenerla chiusa, senza alcun dubbio. Tutte le nostre forze devono essere profuse nella ricostruzione del centrosinistra e lo possiamo fare molto meglio stando all’opposizione». Anche l’orlandiana Miriam Cominelli — che ha già smaltito le ruggini per non essere stata candidata alla Camera — rifugge dall’ipotesi di un sostegno della minoranza dem ai 5 Stelle: «Sono totalmente contraria. Il rischio è quello di una spaccatura definitiva del Pd. Stiamo all’opposizione e riunifichiamo il centrosinistra».
Riunificazione del centrosinistra che si auspica anche Paolo Pagani, segretario provinciale di Mdp, costola portante di LeU: «Noi siamo usciti dal Pd perché le politiche renziane hanno distrutto il centrosinistra ma siamo pronti a ragionare su una sua ricostituzione». E sulla cocente sconfitta elettorale (LeU a Brescia non è nemmeno arrivato alla soglia del 3%) Pagani non lesina l’autocritica: «Non siamo riusciti a presentarci come una forza di discontinuità al sistema politico attuale. E questo è stato un voto antisistema». Pagani però apre all’ipotesi di un appoggio a M5S («ragioniamo sui programmi e vediamo se ci sono convergenze»). Anche il segretario regionale del partito socialista, Lorenzo Cinquepalmi (candidato al Senato per Insieme) concorda con la posizione di Bazoli: «Dare l’appoggio ai 5 Stelle o al centrodestra sarebbe un suicidio. Il centrosinistra deve ripartire dall’opposizione. C’è ancora il bisogno di sinistra, visto che meno del 30% della popolazione gode dell’ 80% della ricchezza. Ma serve una nuova proposta, credibile».
Ecco, una nuova proposta. Il Pd non ha sbagliato a spezzare del tutto il dialogo con il Movimento Cinque Stelle? Non si potevano trovare punti d’incontro pre-elettorali? «Era impossibile — commenta tranchant Bazoli — loro sono manichei, non hanno mai cercato il dialogo, ci hanno sempre trattato in modo sprezzante. Per questo fatico a vedere una convergenza, anche se adesso loro faranno di tutto per cercare il nostro sostegno. A parti inverse si riproporrà lo streaming del 2013, quando dissero no a Bersani». Per Bazoli è un rischio molto alto pensare ad un appoggio esterno anche al centrodestra: «Il popolo del centrosinistra non lo capirebbe e alle prossime elezioni il partito rischierebbe davvero di scomparire». E allora quali sono le alternative? Un ritorno alle urne? Un governo del presidente? «Certo, se non ci sono alternative — aggiunge Bazoli — è molto probabile che si torni al voto ad ottobre. Ma da questo empasse non si esce rapidamente; guardiamo alla Spagna: sono tornati al voto ma non è cambiato nulla. Qualcuno dice che va cambiata in fretta la legge elettorale ma è una scemenza, non è quella che risolve i problemi del Paese».
Un governo a 5 Stelle significherebbe una revisione radicale anche degli indirizzi politici e delle infrastrutture programmate sul nostro territorio (dalla Tav all’autostrada della Valtrompia passando per il maxi depuratore del Garda). Su questo punto il consigliere provinciale Diego Peli, delegato ai Trasporti, fa esercizio di pragmatismo: «Se governeranno i grillini si renderanno conto della differenza tra propaganda e gestione dei nodi amministrativi; la Tav è un’opera che ci chiede l’Europa, o la si accetta o ne usciamo dall’Europa. Se non si facesse più l’opera ci sarebbero delle salate penali ed un danno erariale enorme».
Una laurea in Giurisprudenza, fin da giovanissima aderisce a Forza Italia. Prima consigliere comunale a Desenzano, due volte assessore provinciale, poi il Pirellone. Coordinatrice regionale del partito, nel 2008 entra in Parlamento e diventa ministro dell’Istruzione. Terza elezione a Montecitorio.
Nato nel 1962, avvocato, vicino al mondo di Comunione e Liberazione, attuale commissario di Forza Italia in Veneto, prima di diventare sindaco di Brescia (2008-13) Paroli è stato tre volte deputato (eletto nel ‘96, nel 2001 e nel 2006), adesso torna a Roma ma stavolta da senatore.
Milanese, uomo di partito, Andrea Orsini inizia la sua carriera politica nel Partito liberale. Aderisce poi a Forza Italia, e assume l’incarico di dirigente dell’ufficio elettorale del partito. Nel 2001 entra per la prima volta in Parlamento e poi, di nuovo, nel 2008. Questa è la sua terza elezione come parlamentare.
Milanese, classe ‘74, coordinatore regionale di Noi con l’Italia-Udc, Alessandro Colucci è figlio di Francesco (già deputato del Psi e poi di FI) e lavora all’Istituto Commercio Estero di Milano. Dal quale è in aspettativa per la carica che lo porterà a Montecitorio tra i banchi del centrodestra.