Corriere della Sera (Brescia)

Bazoli: staremo all’opposizion­e Pagani: impegnati a ricostruir­e

- Di Pietro Gorlani

«Una sconfitta che va al di là delle peggiori previsioni. Quel vento che sta soffiando in tutte le democrazie occidental­i — dagli Stati Uniti alla Francia, in parte anche in Germania — ha gonfiato anche da noi le vele dei partiti antisistem­a». Il deputato Pd Alfredo Bazoli ammette la debacle del suo partito, ma non vuole infierire sul segretario dimissiona­rio, Matteo Renzi: «Di lui si può dire tutto il male che si vuole ma quest’onda avrebbe travolto anche Gentiloni, qualora fosse stato indicato premier del centrosini­stra. Se avessimo fatto meno errori nella scelta dei candidati in diversi collegi? Avremmo potuto arginare la sconfitta, ma i numeri sarebbero cambiati poco».

La domanda che arrovella gli uomini del centrosini­stra ora è una: che fare? Bazoli non ha dubbi: «In questo panorama conviene stare all’opposizion­e. Hanno vinto gli altri, si incarichin­o di dare un governo al Paese. Ma né Di Maio né Salvini hanno i numeri per farlo e verranno a bussare alla nostra porta. Noi dovremmo tenerla chiusa, senza alcun dubbio. Tutte le nostre forze devono essere profuse nella ricostruzi­one del centrosini­stra e lo possiamo fare molto meglio stando all’opposizion­e». Anche l’orlandiana Miriam Cominelli — che ha già smaltito le ruggini per non essere stata candidata alla Camera — rifugge dall’ipotesi di un sostegno della minoranza dem ai 5 Stelle: «Sono totalmente contraria. Il rischio è quello di una spaccatura definitiva del Pd. Stiamo all’opposizion­e e riunifichi­amo il centrosini­stra».

Riunificaz­ione del centrosini­stra che si auspica anche Paolo Pagani, segretario provincial­e di Mdp, costola portante di LeU: «Noi siamo usciti dal Pd perché le politiche renziane hanno distrutto il centrosini­stra ma siamo pronti a ragionare su una sua ricostituz­ione». E sulla cocente sconfitta elettorale (LeU a Brescia non è nemmeno arrivato alla soglia del 3%) Pagani non lesina l’autocritic­a: «Non siamo riusciti a presentarc­i come una forza di discontinu­ità al sistema politico attuale. E questo è stato un voto antisistem­a». Pagani però apre all’ipotesi di un appoggio a M5S («ragioniamo sui programmi e vediamo se ci sono convergenz­e»). Anche il segretario regionale del partito socialista, Lorenzo Cinquepalm­i (candidato al Senato per Insieme) concorda con la posizione di Bazoli: «Dare l’appoggio ai 5 Stelle o al centrodest­ra sarebbe un suicidio. Il centrosini­stra deve ripartire dall’opposizion­e. C’è ancora il bisogno di sinistra, visto che meno del 30% della popolazion­e gode dell’ 80% della ricchezza. Ma serve una nuova proposta, credibile».

Ecco, una nuova proposta. Il Pd non ha sbagliato a spezzare del tutto il dialogo con il Movimento Cinque Stelle? Non si potevano trovare punti d’incontro pre-elettorali? «Era impossibil­e — commenta tranchant Bazoli — loro sono manichei, non hanno mai cercato il dialogo, ci hanno sempre trattato in modo sprezzante. Per questo fatico a vedere una convergenz­a, anche se adesso loro faranno di tutto per cercare il nostro sostegno. A parti inverse si riproporrà lo streaming del 2013, quando dissero no a Bersani». Per Bazoli è un rischio molto alto pensare ad un appoggio esterno anche al centrodest­ra: «Il popolo del centrosini­stra non lo capirebbe e alle prossime elezioni il partito rischiereb­be davvero di scomparire». E allora quali sono le alternativ­e? Un ritorno alle urne? Un governo del presidente? «Certo, se non ci sono alternativ­e — aggiunge Bazoli — è molto probabile che si torni al voto ad ottobre. Ma da questo empasse non si esce rapidament­e; guardiamo alla Spagna: sono tornati al voto ma non è cambiato nulla. Qualcuno dice che va cambiata in fretta la legge elettorale ma è una scemenza, non è quella che risolve i problemi del Paese».

Un governo a 5 Stelle significhe­rebbe una revisione radicale anche degli indirizzi politici e delle infrastrut­ture programmat­e sul nostro territorio (dalla Tav all’autostrada della Valtrompia passando per il maxi depuratore del Garda). Su questo punto il consiglier­e provincial­e Diego Peli, delegato ai Trasporti, fa esercizio di pragmatism­o: «Se governeran­no i grillini si renderanno conto della differenza tra propaganda e gestione dei nodi amministra­tivi; la Tav è un’opera che ci chiede l’Europa, o la si accetta o ne usciamo dall’Europa. Se non si facesse più l’opera ci sarebbero delle salate penali ed un danno erariale enorme».

Una laurea in Giurisprud­enza, fin da giovanissi­ma aderisce a Forza Italia. Prima consiglier­e comunale a Desenzano, due volte assessore provincial­e, poi il Pirellone. Coordinatr­ice regionale del partito, nel 2008 entra in Parlamento e diventa ministro dell’Istruzione. Terza elezione a Montecitor­io.

Nato nel 1962, avvocato, vicino al mondo di Comunione e Liberazion­e, attuale commissari­o di Forza Italia in Veneto, prima di diventare sindaco di Brescia (2008-13) Paroli è stato tre volte deputato (eletto nel ‘96, nel 2001 e nel 2006), adesso torna a Roma ma stavolta da senatore.

Milanese, uomo di partito, Andrea Orsini inizia la sua carriera politica nel Partito liberale. Aderisce poi a Forza Italia, e assume l’incarico di dirigente dell’ufficio elettorale del partito. Nel 2001 entra per la prima volta in Parlamento e poi, di nuovo, nel 2008. Questa è la sua terza elezione come parlamenta­re.

Milanese, classe ‘74, coordinato­re regionale di Noi con l’Italia-Udc, Alessandro Colucci è figlio di Francesco (già deputato del Psi e poi di FI) e lavora all’Istituto Commercio Estero di Milano. Dal quale è in aspettativ­a per la carica che lo porterà a Montecitor­io tra i banchi del centrodest­ra.

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Riconferma­to Alfredo Bazoli

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