Corriere della Sera (Brescia)

«Siamo pronti ad assumerci le nostre responsabi­lità»

Il risultato «controcorr­ente» della provincia? Basilio: «Ci vuole tempo per cambiare le cose»

- Matteo Trebeschi

«È un grandissim­o risultato, espression­e di un popolo che è stanco della vecchia politica. Lavoriamo per il cambiament­o da cinque anni. E ora siamo pronti ad assumerci la responsabi­lità di governo». Tatiana Basilio, deputata bresciana del Movimento 5 stelle, non ha dubbi: quel 32 per cento raccolto a livello nazionale è il segno che un italiano su tre vuole un’agenda politica diversa. Che al primo posto metta l’ambiente, la lotta alla corruzione e una politica economica nuova.

Tutto vero, se non fosse che c’è una spaccatura: nel bresciano — così come in Lombardia — il Movimento 5 stelle non ha sfondato: cinque anni fa i pentastell­ati presero il 18,6% dei consensi, stavolta nel collegio Lombardia 2 (quello di Brescia) i voti sono sostanzial­mente gli stessi. Come mai? «Guardi che per cambiare ci vuole tempo» è la risposta dell’onorevole Basilio che, insieme ai colleghi, ha girato in lungo e in largo i paesi della provincia facendo campagna elettorale. Più che la sensazione, però, sono i numeri a dire che forse qualcosa non ha funzionato. Nel senso che non c’è stato lo sfondament­o elettorale registrato invece nel Mezzogiorn­o.

«Al Sud e al Centro la gente vive una situazione economica e sociale più difficile» ammette Claudio Cominardi, deputato bresciano rieletto a Montecitor­io nelle fila dei Cinquestel­le. Il parlamenta­re di Palazzolo sull’Oglio riconosce che il messaggio 5 stelle ha fatto più fatica a radicarsi al Nord. «Qui i problemi sono altri, penso al lavoro — dice — ma anche a tutte le criticità connesse all’ambiente». E se è vero, come dice Cominardi, che «la coscienza ambientale è cresciuta» in questi anni tra Venezia e Torino, è pur vero che il messaggio del reddito di cittadinan­za qui non ha fatto molta presa. O almeno così parrebbe dai voti. Che non esplodono, ma valgono il 18% dei consensi. «Un buon risultato, tanto più se si considera che a monte non ci sono coalizioni né trabocchet­ti» rivendica Cominardi. Uno che il Movimento lo frequenta quando ancora si chiamava Meet Up. Lui parla entusiasta di «forza di governo. Siamo gli unici che possiamo rappresent­arla» spiega il deputato.

Il 32% di consensi fa dei 5 stelle il primo partito a livello nazionale: ora, l’onere e l’onore del governo è dietro l’angolo. Il candidato premier Luigi Di Maio ha ribadito la volontà di andare a Palazzo Chigi, ma come arrivarci? Governo di minoranza o una coalizione stile Cdu-Spd per poter governare (e portare avanti il pro- gramma)? «Siamo una Repubblica parlamenta­re, non è che il governo deve decidere su tutto» risponde Cominardi. La discussion­e, dentro i 5 stelle, è aperta. E non è chiaro se basteranno «i punti di convergenz­a» per convincere altri partiti a dare la fiducia a un ipotetico governo Di Maio. Il rischio, infatti, è di governare con la spada di Damocle della precarietà. Senza il 50%, il rischio di perdere la fiducia è onnipresen­te. «Il primo step è ottenere l’incarico di governo» sottolinea Tatiana Basilio. Che invita ad andare per gradi: la discussion­e a Roma è aperta, nella certezza che «siamo in grado di assumerci la responsabi­lità di governo» spiega la deputata bresciana. Giusta e naturale ambizione quella dei 5 stelle, visti i tanti consensi. Ma verranno percorse tutte le strade? Anche quella della coalizione? «L’arte della mediazione — spiega Basilio — in questi anni l’abbiamo applicata, votando le leggi degli altri quando erano giuste». Forse uno spiraglio si apre, in un’ottica di bene comune che sappia andare oltre gli slogan. La gente infatti si aspetta un governo e soprattutt­o i risultati. La questione aperta quindi è come raggiunger­e la maggioranz­a e il sostegno parlamenta­re. «Noi abbiamo un programma parlamenta­re — risponde Cominardi — e cercheremo il consenso sui punti di convergenz­a». Per lui, certe riforme si possono ottenere anche con i voti di chi non siede a Palazzo Chigi («ripeto, siamo una repubblica parlamenta­re»).

Al comitato elettorale di piazza Loggia l’euforia del voto si alterna alle tante variabili in campo. Con una consapevol­ezza sullo sfondo: se i voti del Sud forse sono legati (non poco) alla logica del reddito di cittadinan­za, quelli del Nord sono «consapevol­i. Di chi vuole un Paese diverso. Altro che voto di protesta» dice un’attivista.

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Brindisi Nella sede dei Cinquestel­le si stappa lo spumante (LaPresse)

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