Campo nomadi C’è un sospettato
Intanto confessano i 5 ragazzi che hanno lanciato i petardi alle casette
Quattro auto a fuoco nel campo nomadi di via Orzinuovi: il sospetto è che possa essere stato un uomo con precedenti che lì voleva vivere con la sua roulotte. Viveva in via Gatti. Pronti a risarcire i danni, intanto, i cinque ragazzi che proprio alle casette hanno lanciato due petardi: nessuna matrice politica.
A colpire non è stata la stessa mano di certo. Eppure a legare i due «attacchi» potrebbe esserci una sorta di equivoco che ha generato una causa effetto a dir poco incandescente. Via Gatti: la sera del 10 febbraio due petardi vengono lanciati nelle casette prefabbricate che un tempo ospitavano gli operai al lavoro per la realizzazione del metrò, oggi occupate da alcuni senzatetto. La notte dopo, all’ingresso del campo sinti di via Orzinuovi, quattro auto vengono date alle fiamme (con torce intrise di benzina) e due furgoni danneggiati.
Il sospetto degli inquirenti è che ad appiccare il rogo, alimentato più dalla rabbia della vendetta che da qualsivoglia pretesto ideologico o politico, sia stato un uomo (peraltro in parte immortalato dalle telecamere di videosorveglianza) con precedenti penali. Che pare volesse a tutti i costi entrare a far parte del campo nomadi con la sua roulotte. E che si sarebbe sentito rispondere un secco «No, ci spiace». Ma non è tutto. Perché la perdeciso sona in questione vive (quantomeno viveva in quel periodo) proprio nelle casette di via Gatti. E potrebbe addirittura aver pensato che oltre ad averlo «respinto» qualcuno del campo di via Orzinuovi — che non c’entrano assolutamente nulla, anzi — avesse pure di lanciare bombe carta tra i prefabbricati. A scanso di ogni equivoco, insomma. Nulla del genere, invece.
Ad ammettere la loro responsabilità per gli attacchi in via Gatti sono stati cinque ragazzi bresciani (uno di origine albanese) per niente mossi da ragioni politiche: quattro di 18 anni, uno di 19. Incensurati, studenti (uno è al primo anno di università), la squadra di calcio e gli amici. «Avevamo ancora alcuni petardi avanzati da Capodanno. Non volevamo fare del male a nessuno» hanno detto al procuratore aggiunto Carlo Nocerino e ai carabinieri. Tre raudi, per la precisione. Il primo lanciato verso le nove di sera dalla strada (da Rezzato alla città). Poi la serata con gli amici in centro. E di nuovo, intorno a mezzanotte, tappa in via Gatti. Stavolta con due auto: a bordo della prima, la cui targa è stata immortalata, ci sono due fidanzati (lei non è mai scesa dall’auto e non è stata indagata, lui è rimasto all’altezza del distributore di benzina); sulla seconda gli altri quattro. In due entrano nel cortile e trovando una casetta aperta lanciano un petardo all’interno. Ultimo stop fuori dal campo rom di Rezzato: altro Thunder Jet lanciato dentro. È stata la mamma di uno di loro, contattata dall’Arma, a richiamare in caserma: «Ve li porto tutti».
Tutti e cinque sono indagati a vario titolo per lancio pericoloso di cose, danneggiamento e violazione di domicilio. Ma «siamo pronti a risarcire i danni», assicurano.