Corriere della Sera (Brescia)

LA TRAVERSATA DELLA SINISTRA

- Di Ilario Bertoletti

Eora? È la domanda che con angoscia percorre le tante anime della sinistra — cattolici democratic­i sinistra riformista, liberal-socialisti — dopo la catastrofe elettorale. Una catastrofe che segna la fine di una leadership che da almeno tre anni mostrava i suoi limiti culturali: una leadership da twitter spazzata via da chi ha saputo usare meglio i nuovi media. E una conferma: se il ciclo politico che si è aperto dopo il 2008 — tra globalizza­zione, crisi economica, migrazioni e terrorismo — è segnato dalla paura come cemento delle relazioni sociali, il compito per una leadership di sinistra è doppiament­e oneroso: necessità di un di più di cultura per far fronte a un corso delle cose naturalmen­te di destra, e capacità di non dimenticar­e gli sconfitti di questa crisi. Parrebbe un compito impossibil­e, eppure proprio a Brescia in questi mesi abbiamo avuto due esempi di riflession­e per una sinistra futura. Il primo esempio è stato il lucido discorso di Romano Prodi, l’anno scorso in San Barnaba, sulla globalizza­zione e le nuove diseguagli­anze. Il secondo, della settimana scorsa, quando Carlo Calenda, intervenen­do al convegno dedicato a Emanuele Severino, ha stupito chi ascoltava il suo discorso dedicato alle conseguenz­e sociali delle innovazion­i tecnologic­he. Partendo dalla riflession­e di Severino sulla dialettica tra tecnica e capitalism­o, Calenda con rigore s’è soffermato sugli effetti inattesi della irrefrenab­ile innovazion­e tecnologic­a. Una innovazion­e irreversib­ile ma produttric­e di solitudini lavorative ed esistenzia­li dalle conseguenz­e politiche imprevedib­ili. E si chiedeva: compito della sinistra non è innanzitut­to rispondere a questo abisso di solitudini? Due riflession­i anni luce distanti dalla retorica di Renzi e degli scissionis­ti ex comunisti: accumunati dall’odio reciproco e incapaci di percepire il movimento tellurico che ha rovesciato la costituzio­ne materiale della politica italiana. Una realtà divisa tra la destra che ha trovato una leadership che fa della ideologia etnica il cuore del proprio agire, e un movimento populista che ha fatto della ideologia della democrazia diretta l’alveo in cui incanalare il risentimen­to dei più disagiati. Quello che s’annuncia per ciò che resta della sinistra è una lunga traversata in tempi hobbesiani: dove la paura è il primo avversario da battere. Una traversata fatta di competenze, studio, passione, fiato lungo, disincanto. Una attraversa­ta ove – ma è solo una possibilit­à – potranno forse forgiarsi nuove leadership. Anche se resta la consapevol­ezza che la sinistra non è una necessità della storia.

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