Corriere della Sera (Brescia)

Preferenze, queste sconosciut­e

Pochi le utilizzano, ma la Lega le ha raddoppiat­e mentre il Pd ne ha perse la metà

- Gorlani

La legge elettorale regionale ha introdotto la doppia preferenza di genere ma solo un bresciano su sei ha sfruttato questa novità: solo 11 mila i «nomi» in più scritti sulle liste rispetto al 2013. Ma c’è un’enorme differenza tra i diversi partiti. Chi vota Lega non vota solo il partito (come accade per i 5 Stelle) ma anche le persone che la rappresent­ano: i suoi candidati hanno raddoppiat­o le preferenze rispetto a cinque anni fa. Il Pd invece le ha quasi dimezzate, Forza Italia ne ha perse oltre 3 mila.

Che la Lega sia la trionfatri­ce delle elezioni regionali è un dato assodato. Ma i numeri della vittoria diventano ancora più eclatanti se si vanno ad analizzare le preferenze incassate dai dieci candidati: rispetto al 2013 la Lega le ha raddoppiat­e, il Pd le ha quasi dimezzate, Forza Italia ne ha perse oltre 3 mila. Vero è che quest’anno, per la prima volta, sulla scheda elettorale era possibile esprimere una doppia preferenza (con l’obbligator­ia alternanza di genere, uomodonna). Un’opportunit­à «sfruttata» molto poco però, visto che rispetto a cinque anni fa nel Bresciano si sono contate solamente 11 mila preferenze in più (erano 110.558 nel 2013 e domenica ne sono arrivate 121.595). Discorso a parte per la Lega e Fratelli d’Italia.

L’exploit di voti del Carroccio dice della fiducia degli elettori nei singoli candidati, della loro rete di conoscenze e della loro presenza sul territorio. La Lega non ha sfruttato solo l’onda lunga della protesta «populista» ma l’ha saputa incarnare su nomi e cognomi precisi. Re delle urne è il già consiglier­e Fabio Rolfi, il più preferenzi­ato tra i leghisti di tutta la Lombardia, capace di passare dai 5.888 voti del 2013 agli attuali 9.622. Numeri importanti anche per gli altri tre consiglier­i eletti, due dei quali sono sindaci di piccoli comuni, che si sono rivelati capaci di intercetta­re la fiducia della loro comunità (e anche di quelle limitrofe). Uno è il primo cittadino di Vallio Terme, Floriano Massardi (5.901) preferenze, l’altro quello di Piancogno, Francesco Ghiroldi (4.468). Bene anche Federica Epis (3.415 preferenze), segretaria della Lega di Orzinuovi: la sua condanna per un post contro le coop che ospitano richiedent­i asilo pare essersi rivelata un catalizzat­ore di consensi.

Tutt’altra storia in casa Pd, che passa dalle oltre 31 mila preferenze del 2013 alle attuali 18 mila. «Tiene» il consiglier­e uscente Gian Antonio Girelli (passato da 9.246 a 6.953 preferenze) ma l’emorragia arriva per l’assenza del camuno Corrado Tomasi (ex sindaco di Temù) che 5 anni fa aveva incassato 8.534 preferenze e quest’anno ha fondato una sua civica in appoggio a Gori (Lombardia per le autonomie) dove Sandro Farisoglio (sindaco di Breno) ha colleziona­to la bellezza di 6.583 voti, a simboleggi­are la predisposi­zione dei camuni a privilegia­re «i loro» candidati. La deputata uscente Miriam Cominelli, che correva in ticket con Girelli, si ferma a poco più di 4.300 voti, circa quattrocen­to in meno di quelli presi nel 2013 dal sindaco di Paderno Franciacor­ta Antonio Vivenzi. Il segretario provincial­e del partito, Michele Orlando, è arrivato solo quarto (1.645 preferenze) dietro alla sindaca di Padenghe Patrizia Avanzini (2.009).

In casa Forza Italia Alessandro Mattinzoli supera i 7mila voti, ma ne prende quasi 3 mila in meno del «recordman» del 2013, Alberto Cavalli. E Mauro Parolini (che quest’anno con Noi con l’Italia ha preso 3 mila voti) cinque anni fa con Forza Italia ne prese quasi 5 mila. Di contro Fratelli d’Italia quasi triplica le sue preferenze, grazie al buon risultato di Viviana Beccalossi ma del presidente dell’associazio­ne cacciatori lombardi Carlo Bravo, che incassa 3.761 preferenze (a dimostrazi­one di quanto pesi la lobby del mondo venatorio) e della sindaca di Bagnolo, Cristina Almici, transfuga da Forza Italia (2mila voti). Andrebbe analizzato anche il fenomeno 5 Stelle: vero è che per il Movimento contano la forza delle idee e non i «portavoce» che le rappresent­ano. Ma il deputato uscente Dino Alberti non potrà non interrogar­si sulle sole 459 preferenze incassate.

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