Ucciso dopo il ballo, chieste 2 condanne
La vittima accoltellata in via Salgari, dopo un apprezzamento alla sua ragazza
Yaisy Bonilla, 21enne di origine colombiana, venne ucciso davanti alla discoteca Disco Volante di Brescia lo scorso 2 aprile. Un fendente lacerante sferrato da Anthony Aiello con il coltello avuto in prestito da Mina Henin, originario dell’Egitto. Il pm Teodoro Catananti, nella sua requisitoria, ha chiesto una condanna a 14 anni e 1 mese per il 23enne Aiello e a 9 anni e 6 mesi per il coetaneo Henin. Bonilla reagì con un pugno per un apprezzamento alla sua ragazza, Aiello lo colpì all’addome.
Il dolore si legge in faccia a tutti. Da una parte i familiari di Yaisy Bonilla, dall’altra quelli di Anthony Aiello. Poco più in là ci sono i parenti di Mina Henin. È un dolore che riempie l’aula in cui si celebra il processo (rito abbreviato) per l’omicidio di Yaisy, 21enne di origine colombiana ucciso davanti alla discoteca Disco Volante di Brescia lo scorso 2 aprile. Un fendente lacerante sferrato da Anthony con il coltello avuto in prestito da Mina, originario dell’Egitto. Il pm Teodoro Catananti, nella sua requisitoria, chiede una condanna a 14 anni e 1 mese per il 23enne Aiello e a 9 anni e 6 mesi per il coetaneo Henin.
Per entrambi l’accusa è di omicidio volontario in concorso. Per entrambi nella richiesta di pena la pubblica accusa fa cadere l’aggravante dei futili motivi e per Henin indica il concorso anomalo. Si torna a quella notte in via Salgari, a quello scambio di battute per gli apprezzamenti di Aiello nei confronti della fidanzata del 21enne che gli risponde con un pugno sul naso. Si torna a quella coltellata alla quale Yaisy non sopravvive che poche ore. Papà Bonilla non resiste, entra e esce dall’aula un paio di volte con il volto impietrito. E sul venir meno dei futili motivi nelle richieste del pm si impuntano i difensori di parte civile della famiglia di Yaisy e della sua fidanzata che portano l’attenzione sulle intercettazioni ambientali fatte in una saletta della Questura subito dopo il fermo di Aiello e Henin. «Vecio, abbiamo fatto tutto per un c…» . Affermazioni (di Aiello) inequivocabili secondo l’avvocato Luca Dagnoli che ritiene che «c’era la volontà di uccidere, con quella coltellata inferta all’addome e con la lama fatta scorrere poi verso l’alto» semplicemente per la reazione a quel complimento di troppo. «Mi aspetto una pena giusta», commenta papà Bonilla tramite il suo avvocato, Roberta Rinaldi. Il 28 marzo si torna in aula. La parola passa alla difesa di Aiello e Henin.