La «debacle» delle liste civiche: il nostro consenso stritolato dai partiti
Se si guardano i numeri, quello delle civiche è un tracollo: la lista «Fontana presidente» ha intercettato il 2% degli elettori, quando nel 2013 la civica a sostegno di Maroni ottenne l’11,6%. Dimezzato il dato della civica di centrosinistra, dal 6,2 al 3,3%. «La caduta è evidente. Ma il paradosso — sostiene Riccardo Venchiarutti (Gori presidente) — è che ai civici il consenso non è mancato. Poi però c’è stata una radicalizzazione del voto che ha premiato i partiti». E senza percentuali non si entra nel consiglio regionale. «Non importa» risponde Corrado Tomasi, consigliere uscente del Pd e anima della civica «Lombardia per le autonomie» che ha avuto un forte riscontro in Valcamonica.
«Qui siamo il secondo partito, davanti a Pd e 5 stelle. È una cosa straordinaria. Segno che il territorio ha bisogno di rappresentanza. Ecco perché siamo già al lavoro — spiega — per le amministrative: abbiamo un programma». E la volontà è quella che la civica diventi «un marchio locale per le amministrative». Una partita aperta, che può raccogliere consenso anche tra i tanti camuni che votano centrodestra. E ai partiti stessi di centrodestra. Insomma, a guardare la Valcamonica il «civismo è tutt’altro che morto» dice Tomasi. Il sindaco di Breno Sandro Farisoglio, in corsa con questa civica, ha preso 6.584 preferenze. Più o meno le stesse di Gianantonio Girelli che però, grazie al 16% del Pd, torna al Pirellone. Il voto regionale è stato «trascinato dalle politiche, non c’è stato più spazio per messaggi articolati tipici delle civiche» ragiona Venchiarutti. Le sue 2.316 preferenze non sono bastate. La lista Gori lascia a piedi anche altri candidati, come l’uscente Michele Busi: «Siamo stati schiacciati dai partiti. Ha prevalso l’aspetto nazionale. Con un grosso dibattito su temi come l’immigrazione». Ecco perché «credo serva una riflessione a livello regionale, forse – dice Busi – le civiche funzionano a livello locale». E anche lui pensa di continuare l’esperienza della rete civica «a livello amministrativo». Nessuna elezione nemmeno per Laura Valgiovio (Gori presidente), per anni a capo dei metalmeccanici della Fim. Forse tra la gente è tornato il «bisogno di riconoscersi in un’identità politica». Il dibattito nazionale su pensioni, vitalizi e immigrazione ha monopolizzato le tematiche. Ma secondo Valgiovio i flussi degli stranieri non sono stati così decisivi. «C’è una ripresa economica, ma questa non ha ridotto le diseguaglianze. È da qui che bisogna partire» sostiene la sindacalista. Gli indici economici segnano una ripresa (Pil +1,5%), «ma i salari non sono cresciuti. E più che altro – spiega – c’è una grossa incertezza sul futuro. È aumentato il lavoro precario». Tradotto, non ci sono certezze e questo amplifica il malessere, reale e percepito. Se non si parte da qui, si fatica a capire gli spostamenti di voti. Anche a destra le civiche non hanno retto. C’è stato il flop della lista per Fontana, diversamente da quella a sostegno di Maroni. «Ma cinque anni fa – ricorda l’uscente Fabio Fanetti – Maroni si presentava come il paladino che aveva fatto pulizia dentro il partito». Ergo, la lista era più forte. Vi fu eletto anche Alessandro Sala (già sindaco di Palazzolo), che stavolta ha preso 200 voti meno dei 2.700 conquistati nel 2013. Sala però invita ad un’altra lettura: «Sono molto grato al territorio. E poi le mie preferenze valgono doppio». I suoi 2.500 voti pesano per il 18% nella lista Fontana presidente, «quelli di Rolfi sono 10 mila ma la Lega ha preso 235 mila voti». La proporzione è del 4%, solo che l’ex vicesindaco di Brescia è stato eletto. E Sala no.
Tomasi
Ma qui siamo secondi, pronti per le Comunali
Venchiarutti
L’elettore trascinato dalle Politiche
Busi
Sono prevalse le tematiche nazionali
Sala
Comunque grato al territorio per questo voto