L’economia gira, più posti di lavoro ma la ripresa ha troppe variabili
Deaglio (Einaudi): «Servono maggiori infrastrutture e investimenti pubblici»
«Non sappiamo dove si va e di certo si cambierà molto velocemente».
Con un realismo quasi disarmante Mario Deaglio ha presentato ieri sera il 22esimo rapporto sull’economia globale e l’Italia. La sintesi del lavoro del centro di ricerca Luigi Einaudi definito, dallo stesso curatore, «in continua evoluzione» ed influenzato da variabili che vanno dai risultati delle elezioni italiane per arrivare agli «annunciati» dazi di Trump.
A influenzare i giudizi dell’esperto professore è quell’intreccio tra l’imponente numero di dati con relative analisi e i cambiamenti sociali poco prevedibili e non più classificabili nelle vecchie categorie. E se cresce un’area di disagio sociale per «l’ineguaglianza crescente dei redditi» o per l’utilizzo di internet che ha «rivoluzionato la grande distribuzione, la scelta della bibita più bevuta al mondo è stata quella di mettere sul mercato una bevanda alcolica».
Certo i segnali positivi anche in Italia non mancano come la «decelerazione del tasso di crescita del debito rispetto al Pil» come ha sottolineato Giuseppe Russo, tra i collaboratori del Rapporto, che ha ricordato anche come «dal minimo picco della crisi (gennaio 2014) si sono recuperati un milione di posti di lavoro anche se con redditi più bassi». Così come viene segnalata una «ancora troppo debole ripresa del settore immobiliare» e «un’export che non cresce più agli stessi ritmi degli ultimi anni».
E la metafora utilizzata è illuminante: «L’Italia è un aereo che sta viaggiano con un solo motore, l’industria». Il cambio di rotta per tornare a viaggiare con entrambi i motori, a ricordato il professore, «sono gli investimenti in opere pubbliche, in infrastrutture, nella mancata manutenzione dell’esistente e nella riduzione di quel 13% di Pil di differenza che si registra tra il nord e il sud d’Italia. Eppure i tassi di interesse così bassi sarebbero una straordinaria opportunità».
Un assist per il presidente di Aib, Giuseppe Pasini: «Il sistema Brescia si è salvato per l’export ma oggi non è più sufficiente. Occorre un aumento dei consumi interni e gli investimenti in infrastrutture sarebbero un volano importantissimo per la nostra industria».