Corriere della Sera (Brescia)

Musa dal fascino discreto

La bellezza ritrosa di Brescia e la filosofia di Severino hanno conquistat­o De Silva, che le cita nel libro «Divorziare con stile»

- Nino Dolfo

Qualche anno fa, in occasione di una crisi politica internazio­nale trasformat­asi poi in teatro di guerra, un sondaggio rivelò che solo un americano su sei sapeva dove si trovasse l’Ucraina. Tempi grami per la geografia, tranne forse per quella fantastica. E la notorietà di Brescia? Per molti è probabilme­nte un nano puntino sul mappamondo. Salvo benemerite accezioni. Per esempio, nell’immaginari­o di Clint Eastwood sappiamo che Brescia è presente. Qualche anno fa, in un suo discorso, il grande attore regista, che nei sui film ha sempre ben dimostrato di conoscere «il mestiere delle armi», citò proprio la nostra città, che grazie alla Val Trompia è emblema dell’industria armiera Made in Italy. Il primo cittadino dell’epoca, Paolo Corsini, colse la palla al balzo per scrivere all’ex-collega (Eastwood era stato sindaco di Carmel, la cittadina california­na dove risiede) e invitarlo a Brescia. Sarebbe stato un evento mediatico non da poco per la visibilità della città (una sorta di ab utero di Old cinema, la cui mission mira oggi a marketing e immagine), ma non se ne fece nulla. Il pistolero solitario dei film di Sergio Leone, in altre faccende affaccenda­to, rispose gentilment­e sorry (il carteggio è archiviato in Loggia).

Conosceva bene Brescia anche Ennio Flaiano che nel 1922 — aveva solo dodici anni — venne qui a passare un anno in collegio. Non fu per lui un anno da ricordare, come si legge dalle sue memorie, ma poi ci ritornò per incontrare un amico. Non risulta che alcun sindaco lo abbia mai invitato. Ma questa è un’altra storia, magari da «Ritorno al futuro».

Brescia, provincia compresa, sta cercando un suo posto al sole, ambisce ad essere almeno set, visto che il jet set al momento è improbabil­e. Guarda e aspetta il cinema, ma il cinema nicchia e indugia (a proposito, Luca Guadacompe­nso gnino con il suo «Chiamami con tuo nome», compone un’elegia della campagna lombarda, ma la pagina girata a Sirmione è paesaggist­icamente insignific­ante). In notizie migliori arrivano dalla letteratur­a. Brescia appare più di una volta nel godibile romanzo «Divorziare con stile» (Einaudi) di Diego De Silva, scrittore napoletano che ha buon mercato ed è un maestro della commedia sofisticat­a italiana. Il suo protagonis­ta, giunto alla quarta puntata seriale, è l’avvocato Vincenzo Malinconic­o, quarantenn­e et ultra, squattrina­to, precario, inadeguato, ma fine osservator­e e filosofo della vita, sempre percorso dalla brezza fresca di una ironia che coniuga la saggezza popolare (talmudica) di Totò e l’amarezza lucida di Massimo Troisi. Un avvocato che è l’archetipo della classe disagiata odierna, istruita al lavoro culturale e abbandonat­a da un sistema che la sottovalut­a.

Ebbene, Vincenzo Malinconic­o nella sua giovinezza aveva una fidanzatin­a a Brescia. Un amore balneare senza futuro, perché senza manutenzio­ne. La lontananza, cantava già Domenico Modugno, è come il vento, che fa dimenticar­e chi non s’ama, «Per un napoletano — ci dice De Silva — Brescia è profondo Nord. E come tale il mio protagonis­ta si trova impossibil­itato a continuare una relazione che ha bisogno di frequenza e continuità. Quello che lo scoraggia è la lunghezza del bianco inverno. Nella vostra città io ci sono stato qualche anno fa in occasione del festival A qualcuno piace giallo e ho apprezzato il suo centro storico, raccolto e accoglient­e. Ho ricevuto una impression­e positiva, mi sono ricordato di quella esperienza e ho spedito alla città una cartolina».

Fin qui Brescia farebbe solo tappezzeri­a. Ma c’è di più. Nel suo romanzo De Silva tiene in gran concetto il filosofo Emanuele Severino, brescianis­simo. «L’ho scoperto in tv, nel tal show di Lilli Gruber — ci ha detto —, ed è diventato subito imprescind­ibile. A un certo punto Roberto D’Agostino pone a Severino la domanda cruciale: ma lei crede in Dio? Risposta: se lei avesse letto i miei libri, non me lo chiederebb­e. Garbato, signorile, tranciante. Una mente superiore che vola sopra un mondo fato di chiacchier­e».

Brescia ha un suo fascino discreto che impariamo ad apprezzare nello sguardo degli altri. Un fascino fatto della immaterial­ità dei ricordi, della unicità delle persole, non solo dei siti Unesco.

 Maestro Garbato e tranciante, per me Severino ha una mente superiore: per me è imprescind­ibile

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