Dopo quattordici anni di astinenza dalla sala di registrazione, al Morato con i brani di «Emotional Tattoos»
Il nuovo viaggio verso mondi lontani per la Pfm sono un’abitudine, considerato il prestigio internazionale del gruppo, vero sputafuoco di rock progressive. La Premiata Forneria Marconi domani farà tappa al Gran Teatro Morato (biglietti da 23 a 57.50 euro), nella terza data del loro attesissimo Emotional Tattoos Tour che celebra la recente uscita del disco nuovo a ben 14 anni di distanza dall’ultimo album di inediti. Il cantante e batterista Franz di Cioccio, elettrizzato da questa rinnovata avventura, puntualizza: «Negli ultimi anni abbiamo lanciato una trilogia di dischi che seguivano un percorso molto originale, compreso un omaggio per i 70 anni di Fabrizio De andrè con La buona novella in una versione strumentale. Ora siamo in viaggio con Emotional Tattoos, un disco dalle sonorità internazionali che conferma che non siamo rinchiusi dentro logiche di mercato o di passaggi radiofonici. Noi facciamo quello che amiamo senza guardare in faccia a nessuno, tanto che il pubblico continua a seguirci da quasi 50 anni. Vuol dire che non abbiamo sbagliato le scelte artistiche».
La tappa bresciana arriva dopo la prima di Milano (sold out) e quella al Rotterdam-Hull. Com’è andata?
«Benissimo. Cosa potrei chiedere di più se il pubblico ci ha regalato una standing ovation dopo la prima canzone? Abbiamo come sempre tanta voglia di suonare e di far conoscere le nostre nuove idee. Siamo sperimentatori e curiosi di lavorare su cose diverse, senza pensare ai passaggi in radio: la radio per noi è rappresentata dal cuore del nostro pubblico che conserva esperienze condivise. Anzi, le dico che abbiamo già in mente i pezzi del futuro disco, d’altronde finché ci sarà benzina non ci fermeremo mai».
Il tour sembra molto impegnativo, soprattutto per le date americane.
«La prima parte toccherà parecchie località italiane. Poi suoneremo a Rio de Janeiro, Porto Alegre, San Paolo, Città del Messico, Santioago del Chile, Lima, New York, Chicago. Nel mondo siamo ancora seguiti, forse perché siamo quasi gli unici a proporre un genere unico, peraltro non di nicchia. Mi soddisfa sapere che all’uscita dell’album, dopo una settimana eravamo in testa alle classifiche. Capito? Si ritorna al vinile, all’ascolto delle canzoni come si faceva una volta. Tra l’altro ci sono due versioni del nostro ultimo lavoro, una in italiano a l’altra in inglese, con testi non del tutto uguali, perché ovviamente esistono sensibilità diverse».
Lei parla di genere, ma forse la Pfm i generi musicali li abbraccia tutti. O quasi.
«Credo sia un errore fare distinzioni di genere quando si parla di musica, nel senso che spesso si danno etichette con superficialità. La musica va proposta nella sua bellezza e magari può anche non piacere, ma noi siamo sempre stati avanti rispetto alla semplice concezione di genere». Che concerto vedremo? «Presenteremo i nuovi pezzi e ripercorreremo la nostra carriera, senza essere didascalici. Ci saranno brani suonati con arrangiamenti precisi agli originali e pezzi rivisitati con un pizzico di improvvisazione. Sarà il pubblico il vero protagonista della serata, insieme a noi: l’empatia con la platea ci viene naturale».
Ispirazione Abbiamo tanta voglia di suonare e di far conoscere le nostre nuove idee. Siamo curiosi di lavorare su cose diverse, senza pensare ai passaggi in radio