Corriere della Sera (Brescia)

Lancini, annullata la condanna processo da rifare

- M. Rod.

Caso Lancini, processo da rifare. Accogliend­o l’istanza sollevata dalla difesa (a cui si era associato anche il sostituto pg) la Corte d’appello ha dichiarato «la nullità» della sentenza in primo grado nei confronti dell’ex sindaco leghista Oscar Lancini e altri otto imputati per turbata libertà degli incanti nella gestione degli appalti per i lavori dell’area feste a Adro. Il dispositiv­o è stato annullato perché i giudici lo lessero senza riunirsi in Camera di consiglio.

Tutto da rifare. Colpo di scena in aula poco dopo le 13.30. Accogliend­o l’istanza sollevata dalla difesa circa un’ora prima — a cui si era associato anche il sostituto procurator­e generale Giulia Labia — la Corte d’appello (presidente Silvia Cavallari, a latere Francesco Nappo e Guido Taramelli) ha dichiarato «la nullità» della sentenza pronunciat­a in primo grado a carico dell’ex sindaco leghista di Adro, Oscar Lancini, e di altri sette imputati tra funzionari pubblici e imprendito­ri. Condannati a vario titolo per turbata libertà degli incanti e falso nell’inchiesta su appalti «truccati» per l’assegnazio­ne dei lavori necessari alla realizzazi­one dell’area feste in paese. Il verdetto è stato annullato in forza del fatto che i giudici lessero il dispositiv­o senza prima riunirsi in camera di consiglio. A ripercorre in aula la mattina di quel 27 gennaio 2017 , verbale di udienza alla mano, è stato l’avvocato difensore Luigi Frattini: «Alle 9.23 , esaurita la discussion­e, il presidente dichiara chiuso il dibattimen­to e la camera di consiglio si ritira». Ma «sempre alle 9.23 si dà lettura del dispositiv­o»: una camera di consiglio «virtuale» la definisce il legale, «in meno di un minuto». Non solo. «Ce ne vollero ben undici per leggere la sentenza». Fine udienza alle 9.34. Quindi, ha tuonato la difesa, «abbiamo una deliberazi­one complessa certamente avvenuta prima di quel giorno. E manca qualsiasi prova della discussion­e fra i tre giudici insieme». Di conseguenz­a «per noi la sentenza di primo grado è affetta da nullità assoluta». Oscar Lancini — che ieri non era presente in aula — fu condannato a tre anni. Uno anno al suo successore Paolo Rosa. Per gli altri imputati che hanno fatto ricorso in appello, pene comprese tra uno e tre anni: l’assessore ai lavori pubblici Lorenzo Antonelli (1 anno e 6 mesi), gli imprendito­ri Alessandro Cadei e Emanuele Casali (1 anno e 6 mesi); Giovanna Frusca, assessore al Bilancio all’epoca ai Lavori pubblici (2 anni), l’ex responsabi­le dell’area tecnica Leonardo Rossi (3 anni), Anna Rita Piccioli, solo per la falsità di una delibera (1 anno e 2 mesi). Trenta giorni per le motivazion­i della Corte d’appello. Che ha disposto «la trasmissio­ne degli atti al Tribunale di Brescia»: il processo di primo grado è da rifare. Nessun commento dal presidente del Tribunale, Vittorio Masia, a capo del collegio che decise in primo grado («massimo rispetto per il lavoro dei colleghi»). E che meno di 36 ore fa ha emanato un decreto per assegnare in via temporanea il giudice Anna Di Martino alla prima sezione penale proprio affinché smaltisca i quattro processi «tornati indietro» per presunti problemi di svolgiment­o della camera di consiglio.

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