Rogo al campo nomadi la sinistra antagonista difende il «sospettato»
In attesa che si riesca a individuare chi ha appiccato il fuoco nel centro sociale Magazzino 47 — indagine non facile — la sinistra antagonista sostiene il sospettato numero uno dell’incendio doloso dell’11 febbraio al campo nomadi di via Orzinuovi. Nel mirino degli inquirenti è finito un giovane che risiede nelle casette di via Gatti. A spingerlo ad appiccare il fuoco ad alcune auto parcheggiate nel campo sarebbe stato il rifiuto di ospitalità. «Una cosa non credibile — è la considerazione di Umberto Gobbi di Diritti per tutti e del portavoce del campo — perché l’uomo è nato e cresciuto nel campo e lì vivono ancora dei parenti. Gli è stato spiegato che non poteva trasferirsi: ha capito». «Mai avrebbe messo a rischio l’incolumità dei familiari» precisa il portavoce del campo Sinti, che aggiunge pure che il sospettato ha un alibi per la notte dell’incendio: «Era in via Gatti con la sua famiglia». I responsabili dell’attacco incendiario in via Gatti (la sera del 10 febbraio) sono stati individuati: cinque ragazzi. Una bravata. «Non abbiamo mai detto che dietro l’attentato — conclude Gobbi — ci fosse un’organizzazione fascista, ma l’ideologia di fondo, la matrice culturale è sicuramente quella». E contro i cinque l’associazione sta valutando di costituirsi parte civile.(w.p.)