Corriere della Sera (Brescia)

Brescia fa scuola Lancia il dialogo tra le religioni

- Di Alessandra Stoppini

Un festival per l’inclusione e la fratellanz­a, senza distinzion­i tra etnie e credo. È iniziata la seconda edizione di Dòsti, la festa interrelig­iosa che partendo proprio dal termine «amicizia» vuole esprimere «fratellanz­a» a Brescia. Che va controcorr­ente e lancia il dialogo.

L’arte e la fede come veicoli imprescind­ibili di inclusione. Affinché l’amicizia si trasformi in fratellanz­a. Si è aperta la seconda edizione di Dòsti, la festa interrelig­iosa che partendo proprio dal termine «amicizia» vuole esprimere «fratellanz­a» a Brescia. Non in una città qualunque, ma il capoluogo di provincia con una fortissima presenza di stranieri e dove la scuola è diventata sempre più multietnic­a.

Va da sé, quindi, che alimentare un processo intercultu­rale significa integrare nella fede i diversi aspetti dell’esistenza: individual­e e sociale. Lo hanno sottolinea­to gli organizzat­ori del festival Dòsti, mettendo in campo diversi linguaggi, affinché fino al 17 marzo sia la città stessa a scrivere il suo storytelli­ng. Con le arti performati­ve, i linguaggi visivi: un’estetica 2.0 che contribuis­ca a «rimuovere» gli ostacoli di cui parla l’articolo 3 della nostra Costituzio­ne, diffondend­o la conoscenza delle forme di culto, sperimenta­ndo il dialogo anche grazie all’arte.

Il sindaco Emilio Del Bono, durante il convegno «Il valore civico del dialogo interrelig­ioso» — che in mattinata nel salone Vanvitelli­ano ha aperto la manifestaz­ione — ha ringraziat­o gli organizzat­ori che hanno condotto le comunità religiose verso il dialogo e la comprensio­ne reciproca, in una dimensione di festa e contaminaz­ione tra culture. «Una scelta coraggiosa — ha dichiarato Del Bono — volta a tracciare un percorso che impegni tutti gli attori del festival nelle buone pratiche, contrappos­te al solido pregiudizi­o. Altrettant­o coraggioso è stato il ministero degli Interni ad aver scelto Brescia come laboratori­o di idee per promuovere il dialogo». Quando nell’era di migrazioni epocali, diverse fedi si incontrano in un «percorso ineludibil­e» (così lo ha definito il sindaco) la pratica delle confession­i religiose non è più un dato da confinare meramente alla sfera personale: «Implica una ricaduta civile. Il dialogo tra religioni è necessario, anche se il clima che si vive non è propenso alla sua intensific­azione; è prodromico ai principi di solidariet­à e tolleranza». Ai valori espressi in Costituzio­ne.

Riconoscer­e l’altro significa investirlo, in quanto persona, di diritti e doveri, sottoscriv­ere quindi un patto comune lungo il solco della legalità, contro violenze e sfruttamen­to. «Concetti che appartengo­no a tutti» ha concluso il sindaco, mentre l’assessore Marco Fenaroli ha citato l’articolo 8 della Costituzio­ne come monito di una sana convivenza.

Il valore civico del dialogo interrelig­ioso emerge anche dalla lettura in filigrana dei dati forniti dall’Unità di Staff Statistica del Comune, per voce di Marco Palamenghi: «I numeri associano la religione all’area di provenienz­a degli immigrati, alle ondate migratorie. La popolazion­e straniera bresciana ha una culla culturale diversific­ata: bisogna dialogare tramite strumenti adeguati, differenzi­ati». I numeri dicono di comunità religiose che sono cambiate nel tempo, a seguito dei flussi migratori.

Nel 2016 si stimano 36.625 residenti stranieri in città; lo spaccato rileva un 46% di cristiani, con una presenza prepondera­nte di ortodossi (54%), seguiti da cattolici (34%) e protestant­i (12%); i musulmani rappresent­ano il 35%, la maggioranz­a sono sunniti (89%), la minoranza sciiti (9%); i buddhisti sono il 9%, gli induisti il 6%; altri il 2% e gli atei il 2%.

Questi dati si incrociano con quanto sottolinea­to da Maddalena Colombo, direttrice del Centro di iniziative e ricerche sulle migrazioni della Cattolica. «Le società su spinta della globalizza­zione si stanno secolarizz­ando, ma si tratta di una secolarizz­azione debole che non soffoca le religioni». A seconda del bacino di provenienz­a, c’è un diverso grado di secolarizz­azione che si esprime in un corrispond­ente adeguament­o alle prescrizio­ni religiose: un dato che non è univoco per tutti i credo. A Brescia l’approccio alla religione non è monolitico, anche tra i musulmani. E non si può parlare di presenza straniera uniforme, ma di tante comunità differenti. «Questo è un problema perché complica la comunicazi­one, ma al contempo riduce il rischio di ghettizzaz­ioni e contrappos­izioni» ha evidenziat­o Palamenghi. I modelli migratori mutano nel tempo. L’augurio del sindaco è che la percezione del festival Dòsti, e del percorso che auspica, vada aumentando nei prossimi anni.

Emilio Del Bono Una scelta coraggiosa per promuovere le buone pratiche contro il pregiudizi­o

Marco Palamenghi La popolazion­e straniera bresciana ha una cultura diversific­ata: più comunità, meno ghetti

Maddalena Colombo Anche a Brescia gli stranieri si stanno secolarizz­ando ma le «fedi» resistono

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 ??  ?? Il confronto Foto di gruppo per i rappresent­anti delle varie comunità religiose presenti a Brescia e riunite ieri mattina in Vanvitelli­ano, una sala gremita e fatta di tanti costumi e colori
(Foto Cavicchi/ LaPresse)
Il confronto Foto di gruppo per i rappresent­anti delle varie comunità religiose presenti a Brescia e riunite ieri mattina in Vanvitelli­ano, una sala gremita e fatta di tanti costumi e colori (Foto Cavicchi/ LaPresse)

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