Brescia fa scuola Lancia il dialogo tra le religioni
Un festival per l’inclusione e la fratellanza, senza distinzioni tra etnie e credo. È iniziata la seconda edizione di Dòsti, la festa interreligiosa che partendo proprio dal termine «amicizia» vuole esprimere «fratellanza» a Brescia. Che va controcorrente e lancia il dialogo.
L’arte e la fede come veicoli imprescindibili di inclusione. Affinché l’amicizia si trasformi in fratellanza. Si è aperta la seconda edizione di Dòsti, la festa interreligiosa che partendo proprio dal termine «amicizia» vuole esprimere «fratellanza» a Brescia. Non in una città qualunque, ma il capoluogo di provincia con una fortissima presenza di stranieri e dove la scuola è diventata sempre più multietnica.
Va da sé, quindi, che alimentare un processo interculturale significa integrare nella fede i diversi aspetti dell’esistenza: individuale e sociale. Lo hanno sottolineato gli organizzatori del festival Dòsti, mettendo in campo diversi linguaggi, affinché fino al 17 marzo sia la città stessa a scrivere il suo storytelling. Con le arti performative, i linguaggi visivi: un’estetica 2.0 che contribuisca a «rimuovere» gli ostacoli di cui parla l’articolo 3 della nostra Costituzione, diffondendo la conoscenza delle forme di culto, sperimentando il dialogo anche grazie all’arte.
Il sindaco Emilio Del Bono, durante il convegno «Il valore civico del dialogo interreligioso» — che in mattinata nel salone Vanvitelliano ha aperto la manifestazione — ha ringraziato gli organizzatori che hanno condotto le comunità religiose verso il dialogo e la comprensione reciproca, in una dimensione di festa e contaminazione tra culture. «Una scelta coraggiosa — ha dichiarato Del Bono — volta a tracciare un percorso che impegni tutti gli attori del festival nelle buone pratiche, contrapposte al solido pregiudizio. Altrettanto coraggioso è stato il ministero degli Interni ad aver scelto Brescia come laboratorio di idee per promuovere il dialogo». Quando nell’era di migrazioni epocali, diverse fedi si incontrano in un «percorso ineludibile» (così lo ha definito il sindaco) la pratica delle confessioni religiose non è più un dato da confinare meramente alla sfera personale: «Implica una ricaduta civile. Il dialogo tra religioni è necessario, anche se il clima che si vive non è propenso alla sua intensificazione; è prodromico ai principi di solidarietà e tolleranza». Ai valori espressi in Costituzione.
Riconoscere l’altro significa investirlo, in quanto persona, di diritti e doveri, sottoscrivere quindi un patto comune lungo il solco della legalità, contro violenze e sfruttamento. «Concetti che appartengono a tutti» ha concluso il sindaco, mentre l’assessore Marco Fenaroli ha citato l’articolo 8 della Costituzione come monito di una sana convivenza.
Il valore civico del dialogo interreligioso emerge anche dalla lettura in filigrana dei dati forniti dall’Unità di Staff Statistica del Comune, per voce di Marco Palamenghi: «I numeri associano la religione all’area di provenienza degli immigrati, alle ondate migratorie. La popolazione straniera bresciana ha una culla culturale diversificata: bisogna dialogare tramite strumenti adeguati, differenziati». I numeri dicono di comunità religiose che sono cambiate nel tempo, a seguito dei flussi migratori.
Nel 2016 si stimano 36.625 residenti stranieri in città; lo spaccato rileva un 46% di cristiani, con una presenza preponderante di ortodossi (54%), seguiti da cattolici (34%) e protestanti (12%); i musulmani rappresentano il 35%, la maggioranza sono sunniti (89%), la minoranza sciiti (9%); i buddhisti sono il 9%, gli induisti il 6%; altri il 2% e gli atei il 2%.
Questi dati si incrociano con quanto sottolineato da Maddalena Colombo, direttrice del Centro di iniziative e ricerche sulle migrazioni della Cattolica. «Le società su spinta della globalizzazione si stanno secolarizzando, ma si tratta di una secolarizzazione debole che non soffoca le religioni». A seconda del bacino di provenienza, c’è un diverso grado di secolarizzazione che si esprime in un corrispondente adeguamento alle prescrizioni religiose: un dato che non è univoco per tutti i credo. A Brescia l’approccio alla religione non è monolitico, anche tra i musulmani. E non si può parlare di presenza straniera uniforme, ma di tante comunità differenti. «Questo è un problema perché complica la comunicazione, ma al contempo riduce il rischio di ghettizzazioni e contrapposizioni» ha evidenziato Palamenghi. I modelli migratori mutano nel tempo. L’augurio del sindaco è che la percezione del festival Dòsti, e del percorso che auspica, vada aumentando nei prossimi anni.
Emilio Del Bono Una scelta coraggiosa per promuovere le buone pratiche contro il pregiudizio
Marco Palamenghi La popolazione straniera bresciana ha una cultura diversificata: più comunità, meno ghetti
Maddalena Colombo Anche a Brescia gli stranieri si stanno secolarizzando ma le «fedi» resistono