Pd, quei risultati che dicono tutto
Per leggere il malessere che mina il Pd basta poco, basta spulciare i risultati.
Guardarci un po’ dentro, svitarne l’involucro come si fa con i giocattoli rotti e cogliere l’ingranaggio usurato, capire cosa ha portato al corto circuito. Se l’exploit della Lega avrebbe vanificato ogni strategia possibile, forse qualcosa in più di un risultato tanto scarso poteva essere fatto. Prima annotazione: non hanno proprio giovato le divisioni e i colpi di mano delle segreterie locale e nazionale alla vigilia della formazione delle liste e basta leggere in controluce il gioco delle preferenze per capirlo. A farne le spese, ad esempio, è stato il segretario provinciale Michele Orlando. Partito come favorito insieme a Gianantonio Girelli, nella guerra delle preferenze è arrivato addirittura quarto dietro Miriam Cominelli (candidata last minute come “premio di consolazione” per l’esclusione dalla Camera) e Patrizia Avanzini, quasi insidiato da una outsider come Marianna Dossena, responsabile della sanità del Pd e di Roncadelle come Orlando che ha raccolto 1.101 preferenze contro le 1.649 del segretario provinciale. Il Pd, nella fredda logica dei numeri, ha lasciato solo il suo segretario, premiando un sindaco gardesano come Patrizia Avanzini che ha raccolto i consensi di chi alla vigilia della presentazione delle liste aveva lavorato per candidare il sindaco di Orzinuovi Andrea Ratti, messo fuori dai giochi, nonostante gli appelli di molti amministratori locali. A farne le spese il segretario Orlando che ha polarizzato oltre la metà delle sue preferenze su Roncadelle e Brescia (città amiche) raccogliendo altrove solo le briciole (a Leno dell’ «antagonista» Bisinella il caso limite: ha rimediato una sola preferenza). Ma il Pd non deve fare i conti solo con un segretario sfiduciato nei numeri, ma anche con un pezzo di provincia che guarda altrove. La «Repubblica autonoma di Camunia» è pronta a fare da sé. Lo ha spiegato bene al Corriere Corrado Tomasi, ex consigliere regionale democratico: dopo il felice esordio della sua «Lombardia per le autonomie» (2,77%) chiede mani libere anche perché ha dimostrato sul campo di poter far meglio del Pd, almeno in Valcamonica. Un ulteriore segno che ricostruire non sarà facile. La speranza di molti (Claudio Bragaglio è uno di questi) è che Brescia torni ad essere per la sinistra un laboratorio dalle grandi soddisfazioni.