«Potevamo fare le primarie»
«Forse avremmo perso comunque, ma ci pesavamo»
L’ex deputata Miriam Cominelli rimpiange le primarie per decidere i candidati alle elezioni. Ora che il Pd è stato sconfitto deve restare all’opposizione: «Mai con i 5 Stelle, governino se sono capaci».
«Si intravedevano i segnali di una ripresa economica, ma forse non erano percepiti. Vedo che in campagna elettorale ha prevalso l’uso di temi che parlavano alla pancia della gente. Come l’immigrazione». Prova a fare un’analisi lucida del risultato elettorale Miriam Cominelli, classe 1981. Deputata uscente che oltre a non essere ricandidata, ha assistito al ridimensionamento del Partito democratico. Ma ora spera che l’accordo di governo Pd-M5S non si faccia.
Lei alla fine è stata candidata alle Regionali, non alla Camera. Questo ha amplificato i problemi?
«Non so che risultato avremmo ottenuto, ma di certo avremmo dovuto spazzare via ogni dubbio e fare le primarie. Senza, nessuno di noi si è pesato. Le primarie non sono per forza motivo di scontro, ma un modo per aprire il partito e convincere tanti a partecipare. Il territorio andava ascoltato di più».
Di base però c’è il calo del Pd.
«Quando governi c’è sempre la difficoltà di far capire gli obiettivi. La ricaduta pratica di tante scelte, anche economiche, non è semplice da spiegare. Ma l’attenzione era su altri temi, come l’immigrazione. Qui le nostre risposte sono state di buon senso, percepite però come inefficaci dalla gente».
C’è stato un problema di comunicazione?
«Sì. Tramite il reddito d’inclusione e gli 80 euro ci siamo occupati delle fasce sociali più deboli, ma non siamo riusciti a coinvolgerle. Avevamo i 100 punti delle cose fatte, forse è mancato un messaggio forte. Forza Italia aveva la flat tax, Salvini sicurezza e protezionismo».
Calenda a Brescia aveva condannato la politica degli «slogan» facili, bollandola come irreale.
«Appunto. Il nostro era un messaggio molto più complesso. E serve tempo per ottenere risultati. L’inversione di tendenza economica c’è stata...».
La disoccupazione è calata, ma il lavoro si è fatto molto precario. C’entra, con il voto?
«Sì, c’entra anche questo: il lavoro precario genera malessere. Ma noi gli sgravi fiscali per le assunzioni li abbiamo fatti. Forse questi provvedimenti andavano resi strutturali, ma governando ci si rende conto delle difficoltà».
A proposito di governo, cosa pensa dell’ipotesi di alleanza Pd-5 stelle? Esecutivo condiviso o appoggio esterno?
«Credo che i 5 stelle debbano essere messi alla prova del governo. Alcune loro posizioni, che li hanno fatti vincere, sono difficili da applicare nella realtà. Ora vediamoli all’opera, ma non con il nostro sostegno».
Così però si apre la possibilità di un governo Lega-5 stelle
«I meccanismi parlamentari sono elastici. Come hanno sempre detto loro, possiamo valutare ogni singolo provvedimento. Adesso, l’unico modo per dimostrare la loro inefficacia nel governare è farli governare».
La crescita della Lega di Salvini la preoccupa?
«Certo che mi preoccupa: i toni populisti assunti dalla Lega sono pericolosi per la tenuta democratica del Paese. Salvini al governo? La Lega in passato ha già fatto parte dell’esecutivo, ma ha fatto anche tante promesse. E la partita migratoria passa da Roma e dall’Europa».
Forse voi l’avete sottovalutata?
«In realtà l’Europa ha guardato dall’altra parte, lasciandoci soli per anni. In tanti percepiscono l’immigrato come “nemico” e diverso, ma l’immigrazione è un fenomeno strutturale, non emergenziale. E la partita è europea».
Sono trascorsi 5 anni da parlamentare, di cosa va più fiera?
«La nuova legge sugli ecoreati. Sono contenta del modo di affrontare la questione Caffaro: abbiamo il commissario e nuovi fondi. Il provvedimento sulle Unioni civili. E la legge sul “dopo di noi”».
La politica degli slogan In cinque anni abbiamo lavorato bene, ma non abbiamo saputo comunicarlo a dovere