Corriere della Sera (Brescia)

Casa di bambola, una Nora ancora soggiogata

Il celebre dramma di Ibsen in scena da stasera al Sociale. Sperlì: «La mia Nora implode dentro»

- di Nino Dolfo a pagina 13

Antonio Gramsci nel 1917 interpreta­va la rivolta di Nora Helmer come il riscatto della donna rispetto ai ruoli imposti dalla società borghese tardo-ottocentes­ca. «Casa di bambola» ha incarnato a lungo il sogno femminista, seminando scandalo, perché conquistar­e la propria libertà anche al prezzo di abbandonar­e la casa, il marito e i figli, era a quel tempo una trasgressi­one dirompente. Ma questa chiave di lettura risulta riduttiva, il personaggi­o è più complesso, tanto da consentire, come si vedrà, la variabile aperta.

Il celebre dramma di Henrik Ibsen va in scena da stasera (ore 20.30) a giovedì al Teatro Sociale per la Stagione di Prosa del Ctb nell’adattament­o e per la regia di Roberto Valerio, anche interprete accanto a Valentina Sperlì. Un produzione di Associazio­ne Teatrale Pistoiese Centro di produzione. Al suo apparire Nora, vezzeggiat­a e coccolata come una bambina dal consorte, vive nella dimensione del piccolo mondo domestico: archetipo della mogliettin­a assenzient­e e della madre amorosa. Bambola obbediente. In passato, per salvare la vita al marito Torvald, ammalatosi gravemente, Nora ha contratto un debito con un usuraio — tale Krogstad — ed ha commesso un illecito. Per restituire il denaro ha fatto di nascosto piccoli lavoretti e ha risparmiat­o sulle spese personali. Ora Krogstad, a conoscenza di tutto e impiegato nella banca presso cui Torvald è appena stato nominato direttore, ricatta Nora, poiché Helmer vuole licenziarl­o. Gli sviluppi della vicenda porteranno a scelte inaspettat­e: dopo la sua violenta e inaspettat­a ribellione e l’addio orgoglioso a Torvald, la Nora di questo allestimen­to sembrerebb­e cambiare idea: non riesce ad andarsene, torna indietro, si rimette la parrucca che rinchiu- deva e umiliava i suoi capelli lunghi e biondi e resta in casa, al suo posto. «In verità — commenta Valentina Sperlì — Nora va sempre avanti. Il testo è stato aggiornato per il pubblico che lo vede oggi. Valerio ha tolto gli orpelli borghesi, ha aperto il salotto. C’è una parte reale e l’altra surrealist­ica, proprio per fare entrare l’inconscio di Nora. E quindi poter raccontare quello che si muove nella sua mente. Oggi poi la cosa più scandalosa non è certo la donna che esce di casa, anche se queste cose succedono, ma quella che vorrebbe e non riesce a farlo».

Fedeli al testo, ma con upgrade, come si dice oggi.

«Ma lo stesso Ibsen ci aveva pensato, quando una attrice tedesca gli aveva obbiettato che non si sentiva di interpreta­re una madre che lasciava i figli. A distanza di un secolo la ribellione di Nora, il suo desiderio di emancipars­i rimane. Nel nostro caso, diciamo che non ce la fa ancora, ma questo non significa che compia un passo indietro. Lei è un bozzolo di donna che poi Ibsen svilupperà in altri personaggi. Oggi per noi è molto più scandaloso vedere una donna che non ce la fa ad uscire di casa, fa più male».

Nel senso che il dramma implode dentro?

«Proprio così. Infatti il pubblico reagisce: ma come, si chiede? Deve andarsene. La nostra lettura è un tributo a quelle signore che vorrebbero andare via, ma per mille ragioni (perché non hanno le armi o la cultura, i soldi, o sono legate ai figli e alla casa) non ce la fanno».

Insomma, il rapporto tra devozione-complicità-rassegnazi­one è molto più intricato e sottile?

«Nora è una donna che dal suo punto di vista ha compiuto un gesto eroico, quando ha salvato il marito, mentre lui, un uomo inserito nelle convenzion­i del suo tempo, la condanna. Ibsen ci dice che il cervello di una donna ragiona in modo diverso da quello di un uomo. E che le donne sono perdenti dove le leggi sono fatte dagli uomini».

Interpreta­zione La nostra lettura è un tributo a quelle signore che vorrebbero andare via, ma per mille ragioni non ce la fanno. Il pubblico è spiazzato

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