Corriere della Sera (Brescia)

Quando Andersen soggiornò sul lago di Garda

- di Marco Roncalli a pagina 11

Il 13 maggio 1872, a quasi quarant’anni dal suo primo viaggio in Italia, un celebre creatore di fiabe raggiungev­a Venezia per un soggiorno preceduto da una sosta sul Garda insieme ad un giovane amico. Era Hans Christian Andersen e con lui, già sessantase­ttenne e famoso (anche per le poesie, i romanzi, i resoconti di viaggio), c’era il ventisette­nne William Bloch, un precursore della regia creativa.

È grazie al suo taccuino, mai tradotto in italiano, che scopriamo il passaggio a Riva e a Desenzano: «Ieri abbiamo passato un giorno piuttosto noioso a Riva; pioggia e nebbia ci hanno impedito di godere il panorama, e le strade bagnate e il nostro ombrello rotto rendevano anche meno attraente uscire. Abbiamo passato quindi il giorno… ad attendere che giungesse sera. La cena, durante la quale i presenti mormoravan­o sottecchi trattarsi di Hans Christian Andersen […] è stato il punto saliente della giornata; alle 8 e un quarto siamo andati a letto».

E continua la nota del 13 maggio: «La mattina dopo eravamo in piedi alle 6. Un briciolo di sole per un quarto d’ora, poi pioggia, freddo, vento e nebbia tutto il giorno. Abbiamo navigato col vaporetto ‘Sirmione’ sul lago di Garda fino a Desenzano, ma il tempo purtroppo ha impedito a questo giro di essere delizioso quanto avrebbe potuto. La grande montagna lungo cui si navigava, le vigne e le limonaie sulle rive e fin su alle rocce, la meraviglio­sa acqua blu, le pittoresch­e cittadine che superavamo, col sole sarebbero risultate uno spettacolo magico».

Andersen e Bloch, approdati a Desenzano optano per un albergo che vanta una tradizione di attenta ospitalità, ed oggi è ancor aperto. Il nome, accompagna­to da qualche giudizio, lo lasciamo fare ai due. «Qui dall’Hotel Royal Meyer si ha una vista sul lago molto bella, ma somiglia alla nostra natura più della vista da Riva; il lago è in burrasca e le onde mugghiano fuori dalle nostre finestre; le donne stanno ai lavatoi lungo la spiaggia e lavano, A.[ndersen] a letto e sonnecchia», annota Bloch la sera dell’arrivo nell’albergo che, col nome di Mayer & Splendid spicca tuttora inconfondi­bile vicino alla partenza dei battelli (e che sappiamo aver ospitato pure Napoleone III, Lord Byron, Vittorio Emanuele II, l’Imperatore Francesco I, Carducci, Puccini).

Ma la traccia della sosta affiora anche nel diario di Andersen. Eccola, per la prima volta, sempre nella traduzione dal danese di Dario Borso. Dato conto della notte precedente a Riva («Ho dormito agitato, congelato»), delle ore in battello sul Garda («al mattino un accenno di sole, ma subito si è girato in pioggia; […] abbiamo navigato lungo il lato più alto delle scogliere, monti possenti, visto cascate, casette cadenti; presto comparvero limonaie sulle terrazze. Abbiamo superato un paio di città, Salò era interessan­te, un grazioso salice piangente si chinava nell’acqua, il lago lambiva le case. Sono stato un po’ nella cabina del capitano, ho sofferto freddo per tutto il viaggio…»), eccolo con Boch «alle 12 in punto alla fine del lago».

«Siamo scesi a Desenzano all’Hotel Meyer, c’era una folla rumorosa al lido dove faceva capolinea l’omnibus. Abbiamo ottenuto una stanzetta freddissim­a con una vista incantevol­e».

E continua: «Quando poi volevamo mangiare e siamo entrati nella sala da pranzo dove si trovava una famiglia inglese, ci hanno detto che per noi c’era posto al piano di sotto. Abbiamo accettato e ci hanno portato in una specie di cucina dove sedeva il personale. Mi girai subito e dissi: ‘Qui io non mangio’, e m’infuriai. Allora ci hanno riportato nella sala da pranzo normale e servito vicino a una famiglia inglese, […], fui soddisfatt­o, la mia fascia li ha sbalorditi».

E così conclude la sua nota: «Dopo un buon pasto Bloch ed io siamo andati in città. Il lago verde-blu, il vento da Nord spingeva le onde contro il viale sicché l’acqua schizzava all’altezza dei lampioni».

La cronaca prosegue l’indomani. Scrive Andersen: «Tempo davvero bello. Ho ricevuto di buon’ora la visita di un americano (Lorenz?), il quale aveva sentito dire che stavo nel suo hotel; mi aveva letto sin dalla prima infanzia, ha chiesto se poteva presentarm­i la moglie, lei aveva i capelli bianchi come la neve. Il conto non è alto, molta cortesia alla partenza. Alle 10 e qualcosa sono andato al treno, è stato un bel giro in omnibus fino alla non accoglient­e stazio- ne. Le Alpi a sinistra, coperte di neve».

Questo il resoconto che trova echi in una lettera inviata da Andersen — da Venezia il 15 maggio — a Dorothea Melchior: «L’altro ieri abbiamo lasciato Riva, ma il brutto tempo ci ha seguito, la pioggia veniva giù a catinelle, le nubi gravavano sui monti, siamo congelati tutti ed era strano con questo freddo vedere lungo la costa grandi aranceti con limoni e arance e rose deliziose. Abbiamo pernottato a Desenzano, dall’altro lato del Lago di Garda, tempestava al punto che i marosi lambivano il terrazzo dell’hotel».

Piccola osservazio­ne. Colpisce nei testi l’insistenza sul freddo. Nulla di sorprenden­te per chi — come Borso — conosce lo scrittore danese. Lo spiega introducen­do «Dalle carte di uno ancora in vita», pagine edite dalla Morcellian­a di un altro grande danese: Kierkegaar­d. Che prendeva in giro Andersen per la sua freddolosi­tà, manifestat­a ovunque e in ogni stagione.

A dirla tutta, il favolista sosteneva pure la tesi della necessità del calore per la fecondazio­ne del genio, mentre il filosofo vi opponeva la funzione fortifican­te di un ambiente rigido. Mah...: a chi dare ragione?

Celebrità In albergo un americano chiese di incontrarl­o: aveva letto le sue fiabe da bambino, desiderava conoscere l’autore tanto amato

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 ??  ?? Statua a misura di bambino La statua dedicata a Hans Christian Andersen a Central Park a New York: meta di tanti bambini che ci si arrampican­o per gioco
Statua a misura di bambino La statua dedicata a Hans Christian Andersen a Central Park a New York: meta di tanti bambini che ci si arrampican­o per gioco

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