Tarquini: «Momenti drammatici»
Se le ricorda ancora tutte quelle lunghe giornate e le notti di lavoro, le tazze di caffè fumante, la tensione e la determinazione. Le luci della procura in via Moretto accese perennemente, la riunione quotidiana al comando provinciale dei carabinieri in piazza Tebaldo Brusato, la situazione che si evolveva di continuo, un via vai frenetico, le decisioni da prendere in fretta perché non c’era nemmeno un minuto da perdere. Giancarlo Tarquini non ha scordato nulla di quel periodo. Era lui alla guida della procura di Brescia, lui istituì il pool di inquirenti (i sostituti Luca Masini, Antonio Chiappani, Fabio Salamone e Paolo Guidi) oltre a un centro investigativo interforze per seguire minuto dopo minuto il sequestro di Giuseppe Soffiantini per individuare i responsabili del rapimento e, soprattutto, riportare a casa sano e salvo il rapito. «Mi spiace molto la scomparsa del signor Soffiantini — ricorda Tarquini — Dopo la liberazione ci incontrammo. Fu una vicenda complessa che si è risolta nel modo migliore. Il lavoro investigativo ha consentito di individuare tutti i responsabili. È stato un processo molto importante». L’allora procuratore di Brescia — resse la procura dal ‘94 fino al 2008 — ricorda l’esito positivo, ma anche la tensione. Come quella notte, prima del pagamento del riscatto, quando il pm Masini e il segretario fotocopiarono uno per uno tutti i 4 milioni di dollari che vennero consegnati ai sequestratori.