Circonvenzione di incapace, il pm: «Tre anni ai due legali»
«Non ho mai avuto alcun dubbio sulla capacità di intendere e di volere di mio zio. E che fosse presente a se stesso lo confermò anche il primario di psichiatria a cui ci eravamo rivolti per una valutazione». Così prima dell’arringa del suo legale, ha rilasciato dichiarazioni spontanee in aula un altro avvocato, (penalista), a processo con un collega (civilista) per circonvenzione d’incapace. Avrebbero ottenuto indebitamente assegni per 120 mila euro a inizio 2016 da Vincenzo Risatti, 92 anni, albergatore di successo che morì nel dicembre dello stesso anno, approfittando del suo decadimento cognitivo.
Entrambi gli imputati hanno raccontato di essere stati contattati dal signor Risatti nel dicembre 2015 a seguito di un ricorso dei figli per la nomina di un amministratore di sostegno «a causa dei problemi di deambulazione». Ma «decidemmo di sottoporlo a una visita all’ospedale di Montichiari — «il medico certificò funzioni cognitive ben conservate» — per troncare alla radice qualsiasi ulteriore contestazione». Sullo sfondo anche una serie di consulenze legali sulla cessione delle quote societarie e il vitalizio, un presunto prestito alla badante (già condannata con il figlio per un’altra vicenda) mai restituito, i testamenti.
I due legali rimisero l’incarico nel febbraio 2016, una volta indagati. E restituirono i soldi in questione: «Perché volevamo fosse fatta chiarezza», la loro versione (agli atti finì anche una consulenza medica, che certificava, mesi dopo, il decadimento cognitivo di tipo senile» di Risatti). «Perché sapevano che avrei chiesto l’archiviazione» la replica del pm Ambrogio Cassiani (ma il gip dispose l’imputazione coatta), che chiede per entrambi una condanna a tre anni e punta l’attenzione sul fatto che «a fine gennaio Risatti mi disse di non aver mai disposto quei pagamenti», e insiste sulle note esplicative postume delle fatture per le parcelle e sull’entità degli importi («improbabili»). Per il pm, che parla di una «foga predatoria» scatenatesi nei sui confronti, «quell’uomo era tutto tranne che capace». Ed è stato raggirato. Non per le difese (gli avvocati Alessandro Asaro e Cristina Guatta): «Se avessero voluto circuirlo bastava farsi pagare in contanti, come faceva con tutti i collaboratori. Agli atti non abbiamo alcun elemento, o certificato medico, per escludere che nel dicembre 2015 fosse capace di intendere e volere: chiediamo l’assoluzione con formula piena».
La vicenda Nel 2015 Vincenzo Risatti, 92 anni, albergatore, si rivolse ai due legali dopo il ricorso dei figli per nominare un amministratore di sostegno