«Non mi fido dei magistrati Io so che mio figlio è vivo»
Barzago, il marito della donna fuggita in Siria: continuo a cercare
Inquirenti Hanno sospeso il procedimento e l’inchiesta Se davvero avessero voluto, lo avrebbero riportato a casa
LECCO «Io non mi arrendo. Continuerò a cercare mio figlio e lo porterò a casa, vivo o morto, qualsiasi cosa possano dire o decidere di fare i giudici e gli investigatori». Afrim Berisha, 48 anni, ha la voce decisa e lo sguardo convinto. Da oltre tre anni sta conducendo la sua battaglia personale per poter riabbracciare il bambino che la moglie Valbona, 35 anni, di nazionalità albanese come lui, ha portato con sé il 17 dicembre del 2014 quando ha deciso di lasciare la sua abitazione di Barzago, nel Lecchese, per diventare una foreign fighter, abbandonando il marito e le figlie più grandi. Da allora di lei, e del piccolo che aveva solo sei anni, si sono perse le tracce. Secondo gli inquirenti potrebbe anche essere già morta e non essendo riusciti a notificare alla donna, accusata di terrorismo internazionale, sequestro di persona e sottrazione di minori, alcun atto giudiziario, il procedimento milanese in corso, in base ad una legge approvata tre anni fa relativa alle persone irreperibili, è stato sospeso. Ma c’è di più. Nei giorni scorsi il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, Guido Salvini, ha chiesto al Ros dei carabinieri di concludere le ricerche, anche alla luce della recente disfatta del cosiddetto Stato islamico in quei territori.
Per Afrim, un lavoro da operaio, due figlie di 15 e 13 anni, perfettamente inserito nella piccola comunità del paese brianzolo, una doccia gelata che però non scalfisce le sue convinzioni. «Papà vieni a prendermi, non ce la faccio più: qui ci sono le bombe», le ultime parole di Alvin durante una telefonata a poco più di un mese dalla scomparsa. Poi il silenzio. Da quel momento l’uomo non ha mai smesso di cercare. Ha speso quasi tutti i suoi soldi, è persino riuscito ad entrare in Siria e a raggiungere Al Bab, a 40 chilometri da Aleppo, ma è stato costretto a tornare indietro. Non per questo si è arreso. «Ad agosto sono stato in Kosovo, in Albania, in Macedonia. Fonti attendibili mi dicono che mio figlio è vivo. Non mi importa quello che pensano i magistrati o i carabinieri. Se davvero avessero voluto lo avrebbero riportato a casa. E ora sospendono il processo e chiedono di porre fine alle ricerche. Va bene. Facciano quello che ritengono più giusto, ma io proseguo per la mia strada. Di mia moglie non mi importa, ha fatto le sue scelte. Io rivoglio mio figlio».
Alvin giocava nella squadra giovanile di Barzago come centrocampista. Tifava Milan. Nell’ultima foto inviata al padre da Valbona Berisha, ora scomparsa nel nulla, il piccolo impugnava la bandiera dell’Isis.