SE LA POLITICA SI ALLONTANA
Accanto al barometro sulle previsioni del governo nazionale, al toto-nomi per i presidenti delle Camere, all’algebra applicata agli emicicli parlamentari, sarebbe utile introdurre sulla scena pubblica altri valori misurabili. Ad esempio la distanza fra Paese reale e scenari politici. Tanto più se per applicare questo parametro si scegliesse come osservatorio Brescia: periferia politica ed epicentro economico, loggione scettico del teatro post-elettorale e cuore pulsante della ripresa. In provincia l’export ha sfondato gagliardamente quota 15 miliardi di euro (meglio dell’intero Pil dell’Albania) e la disoccupazione è scesa a un fisiologico 6,2 per cento. Cova negli attori economici la sensazione che in fondo si possa fare a meno della politica, o forse del governo stesso (è accaduto in Olanda per 225 giorni, in Germania per cinque mesi). Questo il sentiment che inizia a circolare. Accanto a qualche osservazione che, giungendo dalla periferia, difficilmente troverà ascolto. Primo: per l’elezione dei presidenti delle Camere servirebbe un chiarimento metodologico. Nella prima Repubblica usava assegnare all’opposizione la presidenza di Montecitorio. Con la seconda Repubblica e sistemi elettorali più o meno maggioritari, chi vince piglia tutto: ricordate le accoppiate Pivetti -Scognamiglio, Violante-Marino, Casini-Pera, Bertinotti-Marini, Fini-Schifani, Boldrini-Grasso? In ogni caso, prima di decidere, bisognerebbe sapere chi è maggioranza e chi opposizione. Secondo: diffidare di chi promette di cambiare in quattro e quattr’otto la legge elettorale: il Rosatellum è stato approvato da Pd, Forza Italia, Lega e alfaniani. Perché dovrebbero cambiare? Terzo: tutti ragionano come se ci fosse un sistema elettorale maggioritario, ma non è così. L’elezione diretta del premier non è prevista nè dalla Costituzione nè dal sistema elettorale: è un’invenzione propagandistica. Finita la propaganda, è inutile gridare «tocca a me». La sfida è trovare alleati. E nel proporzionale anche partiti piccoli possono diventare baricentro. I partiti ideologici del passato arrivarono a costruzioni audaci: il Pci proprio 40 anni fa appoggiò un governo della Dc senza ottenere la socializzazione dei mezzi di produzione che aveva come stella polare. L’impressione è che i partiti post-ideologici e personalistici di oggi siano molto più rigidi, legnosi e al limite inservibili rispetto a quelli del passato. Forse una riforma della politica dovrebbe partire da qui. Da questa constatazione.