La danza possente di Olivier Dubois
Al Festival Fog della Triennale si è imposto, con segno vigoroso, «Les Mémoires d’un Seigneur» di Olivier Dubois, lavoro che ci consegna elementi seminali dello straordinario coreografo francese. La parabola del potere di un tiranno, interpretato dal possente Rémi Richaud, impasta, nella materia dei corpi maschili (a torso nudo e jeans), gli echi di mille battaglie, la polvere della guerra, il sudore dei soldati, l’orda selvaggia di un popolo soggiogato che si ribella alla supremazia tracotante del re. Il riferimento temporale non è dato: ma, nel susseguirsi di visioni, le citazioni pittoriche dell’immaginario barocco e rinascimentale si scolpiscono in deposizioni sepolcrali emergenti da cataste di corpi, dove gli eroi shakespeariani abbracciano i militi esanimi della tragedia greca. La luce filtrata dall’alto rende epici i gesti dei quaranta performer di varia fisicità, mirabilmente diretti da Dubois. Basta un tavolo argenteo, usato come altare, scudo, ariete, a tagliare lo spazio, mentre muta la prospettiva dello spettatore che, d’improvviso, si ritrova a guardare l’azione di lato come un cavaliere che, sbalzato dalla sella, osservi dal campo di battaglia il re travolto dal suo esercito. Dopo aver sguainato la spada, il tiranno trova nella morte l’estrema fuga dalla mediocrità. Solo poche parole. È la danza che urla.