Potenza veneta, sobrietà bresciana
Due mondi a confronto in un ‘500 tutto da scoprire in Santa Giulia
La mostra su Tiziano e la pittura a Brescia si inquadra nell’intero ‘500, dai prodromi nella nettezza belliniana e nella fusione armonica tra figura e paesaggio introdotta da Giorgione, con la natura che da sfondo assurge a protagonista dell’immagine facendosi ricettacolo di sentimenti umani, fino alla grande forza persuasiva della Maniera, nella variante impregnata dall’aria umida e mutevole della laguna veneta. Le risposte dirette - in mostra - che diedero Romanino e Moretto al Polittico Averoldi sul tema stesso della Resurrezione ribadiscono come i nostri pittola ri quasi si difesero dall’abbaglio di potenza e di luce, continuando a muoversi anche nella prospettiva creaturale del Foppa e ammiccando all’inquieto Lotto. Matura così sacralità feriale che fa la grandezza della scuola bresciana del Rinascimento, nel controcanto meditativo e nella luce che palpita ma non esplode. Romanino mischia alla forza coloristica tizianesca un senso tutto suo della pazienza di vivere, dolente e ribelle, nel Risorto della Parrocchiale di Capriolo, 1526: un Cristo contadino rispetto al Cristo-Apollo, tra ceffi di soldati che russano, in cerca d’un senso più urgente dell’immanenza del sacro. Altrettanto il Moretto, che pure modula lo sfondamento dello spazio nella Resurrezione 1525 da S. Clemente: finora data al Romanino, è stata rivendicata da Ballarin al Moretto per il grande luminismo e la severità dei rapporti fra «un bianco così bianco da diventare argento, un nero così nero da diventare blu, da incantare un Velázquez». La fioritura di pittura che stempera il colorismo veneziano già prima del Polittico nasce dalle precoci frequentazioni lagunari di Romanino e Moretto e si sviluppa nei decenni nei ritratti che filtrano una piena confidenza naturalistica, oltre l’impianto aulico e civile. Ecco il raffronto di magnifici Romanino, o l’autoritratto come S. Girolamo o la Donna in veste di Santa Margherita del Savoldo, o l’Uomo del Moretto da Budapest, con celebri Tiziano quali il Tommaso Mosti e il fisico Bartolotti che mettono a nudo la psicologia dei personaggi; di Madonne col Bambino e santi e di sacre conversazioni a mezze figure calate nel paesaggio o nelle stanze quotidiane, trepidanti di affetti della vita domestica. L’impronta del divino calato nelle materie e nei sentimenti palpitanti della vita caratterizza opere del Moretto; e Savoldo dall’Adorazione dei pastori 1523-24 alla Madonna col Bambino tra santi 1525 appare modernissimo nell’impasto tra luce fenomenica e lume dello spirito, riverberando anche Tiziano in un tepore avvolgente, assorto e prosciugato, come nell’Annunciazione di Pordenone (1530) e nell’Adorazione dei pastori 153540, da Washington, qui accostate alla Cena in casa di Simone Fariseo del Moretto, 1550, di misurata naturalezza e presa di distanza dal classicismo veneto. Tramite il Tiziano d’eloquenza manierista della Loggia si arriva al Martirio di Sant’Afra del Veronese che colloca l’evento sacro in un teatro maestoso: chiude il percorso con tele del Salviati e di Francesco Bassano. Ma ora i gusti del patriziato locale privilegiavano la Maniera mitologico-antiquaria centroitaliana, attraverso il Gambara e i Campi cremonesi. ( f. lor.)