Il paese fantasma che dal 1986 si popola due giorni all’anno
Una storia senza tempo quella di Ceregate, il paese fantasma che rivive due volte all’anno. Questo borgo abbandonato con una manciata di case diroccate al centro dell’alta Valle Staffora, sulle cime pavesi, è una perla silenziosa e desolata che si ripopola per due giorni: il lunedì di Pasqua e l’8 settembre, in occasione della festa della Maria Vergine. Il fascino di una favola antica che è iniziata nel 1868 a 850 metri di quota, dove una trentina di persone vivevano senza alcuna comodità: a Ceregate non c’è mai stata energia elettrica, né gas e acqua. I cibi venivano conservati sotto sale e per raggiungere casa si dovevano percorrere i sentieri dai vicini centri di Negruzzo e Cegni — che distano un’ora e mezza a piedi — sino al villaggio in pietra nascosto nel cuore della montagna. Le case, perlopiù diroccate e coperte dalla vegetazione, sono sette. Una è piuttosto grande con un balcone al centro del piano superiore che domina tutta la vallata. Due cartelli di «proprietà privata» indicano come, nonostante l’abbandono, regga ancora il valore affettivo per ciò che è stato. A Ceregate sta crollando tutto, ma con grande sforzo economico il Comune di Cegni tiene a lucido la chiesetta dedicata a Maria Bambina che attende con pazienza l’arrivo degli abitanti delle frazioni attorno, in occasione delle feste.
«Da quasi 30 anni non c’è più nessuno, solo le poiane che nidificano — raccontano agli abitanti dei paesi a valle —. Da giovani superavamo a piedi l’alveo del torrente Staffora e salivamo a trovare il signor Carlo, l’ultimo abitante di Ceregate. Viveva da eremita perché aveva paura del genere umano». Carlo Buscaglia, il custode di questo borgo silenzioso, ha vissuto a Ceregate dal 1970 al 1986. Cercava la solitudine e, circondato da centinaia di conigli bianchi, trascorreva le giornate da eremita: «Carlo era un personaggio, ma le due guerre lo avevano inesorabilmente segnato — ricordano in paese —. Raccontava di aver assistito alla crudeltà dell’uomo, capace di azioni terribili. Quelle esperienze lo hanno portato al rifiuto, all’isolamento». Dalla morte di Carlo l’oblio di Ceregate viene interrotto soltanto per due giorni all’anno quando circa duecento persone si incamminano fin lassù mettendo all’incanto le specialità della zona, sul muretto del sagrato della Chiesa, dando luogo ad una festa paesana che anima il borgo. «Qui non si vedeva l’ora arrivasse la Pasquetta per fare fagotto e salire a Ceregate. Era la nostra gita fuori porta. Non si è persa la tradizione ma quest’anno, con il gelicidio che ha messo in ginocchio le nostre montagne, c’è da rimboccarsi le maniche e liberare il passaggio».
Centinaia di tronchi di pino e abete rosso, spezzati dal freddo polare delle scorse settimane, hanno sbarrato in molti punti i sentieri che portano a Ceregate, così, a pochi giorni dall’attesa ricorrenza, ci si dà appuntamento per ripulire e poter rianimare ancora una volta il piccolo villaggio di pietra.